Cloud, la recensione: la dipendenza dal rischio, dai soldi e dalle pallottole
Con Cloud Kiyoshi Kurosawa ritorna a trasformare i generi. Un racconto della tecnologia e dell'impatto sulla vita descritta attraverso le scommesse e l'azione
Che film adorabilmente scombussolato che è Cloud. Il protagonista è un adrenaline junkie, un drogato di adrenalina. Lo si capisce mentre il film si trasforma sotto i nostri occhi passando da un dramma su chi vuole sbarcare il lunario facendo soldi facili a un action vero e proprio. Un po’ come Diamanti grezzi anche il film di Kiyoshi Kurosawa racconta di una professione che detiene un tasso crescente di pericolo. Ryusuke Yoshii ha lanciato un’attività clandestina: acquista oggetti che pensa possano diventare molto richiesti (“miracolosi” dispositivi medici, action figure ambite) e li rivende online in sovrapprezzo. Tra falsi d’alta moda e prodotti autentici, ma a prezzi criminali, l’uomo, che opera online sotto nickname, si guadagna una fitta schiera di nemici. Un esercito, nato in un forum, accumunato dal desiderio di far fuori il rivenditore.
Non ha alcun senso la violenza che esplode nel terzo atto e, proprio per questo, risulta vagamente comica, meno drammatica di quello che dovrebbe essere. Certo, le sparatorie sono girate bene (pur senza diventare il centro del film), si sconfina a tratti nel linguaggio horror (senza possedere la stessa carica spaventosa). Solo negli ultimissimi secondi si coglierà la carica demoniaca e maledetta di questa storia.
Cloud pecca talvolta un po’ di ritmo e, nonostante la novità della premessa, si ritrova spesso in situazioni già viste molte volte. Il fatto di girarle bene non evita di cadere in qualche cliché abbastanza prevedibile. Come spesso capita con il suo cinema, il senso stesso dell’opera sta però proprio nella sua trasformazione. Kurosawa fa decomporre il genere di partenza in un altro. Si arriva così gradualmente in un action puro e il passaggio risulta credibile. I protagonisti non dovrebbero essere così bravi a sparare e sopravvivere eppure lo accettiamo. Ci vengono presentati come impiegati non troppo atletici o precisi e invece anche loro imparano insieme al film a cambiare. Tutto il dispositivo cinematografico si adegua alle circostanze. Basta questo per rendere Cloud una visione pienamente appagante.