Closer

Jude Law scrive necrologi, la principessa Amidala fa la spogliarellista, Julia Roberts parla dei particolari più intimi della sua vita sessuale e Clive Owen recita bene. No, non è uno scherzo, ma il nuovo film di Mike Nichols...

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Francamente, ero andato a questo film molto prevenuto. Mi aspettavo il solito prodotto che parla di sesso in maniera stupidamente disinibita, per shockare facilmente lo spettatore e magari giocare sul suo voyeurismo.
Per fortuna, fin dalla prima fantastica scena (l’incontro al ralenti tra i due protagonisti, che si svolge in maniera decisamente inaspettata) le mie previsioni negative sono state disattese.

Non si tratta infatti di una banale storia di perversioni, ma di un’analisi (spesso, un’autoanalisi) di quattro personaggi confusi e indecisi, realizzata in maniera molto forte, ma con uno sguardo sempre attento a non criminalizzare i protagonisti in scena.
Tutto questo cercando di non scadere mai nel ridicolo involontario, anche se a tratti il pericolo sembra balenare, soprattutto di fronte a certe frasi falsamente poetiche o esistenzialiste. Ma in quei momenti, la bravura di Nichols è di cercare di stemperare la serietà degli argomenti trattati con la goffaggine e soprattutto con l’autoironia, una caratteristica assolutamente essenziale in una pellicola come questa.

Ma il regista è anche lodevole per come riesce a trasformare questo testo teatrale in un avvincente film dall’atmosfera claustrofobica, giocando moltissimo sui primi piani dei suoi attori. Non è facile rendere avvincente una chat tra due persone, ma Nichols ci riesce benissimo, controllando una pellicola che molto facilmente avrebbe potuto sfuggirgli dalle mani.
E scegliendo una strada particolarmente interessante, quella di non mostrare mai l’inizio delle relazioni delle varie coppie, ma solo alcuni momenti delle loro unioni.

E’ poi sorprendente vedere come Patrick Marber sia stato efficacissimo nell’adattare il suo testo teatrale, fornendoci alcuni dei migliori dialoghi ascoltati quest’anno, giocando molto sulle frasi fatte e sugli stereotipi per smontarli. In questa storia, tutti passano indistintamente dal ruolo di vittima a quello di carnefice. E spesso quelli che sembrano aiuti sono in realtà mezzi più efficaci di vendicarsi. D’altronde, come dice uno dei personaggi, “si tratta di una guerra”.

Ma ovviamente Closer non sarebbe bellissimo se non fosse supportato da grandi prove d’attore. Non amo Clive Owen, quindi rimango stupito nel vederlo cambiare registro (dal patetico al sadico) così facilmente (anche se, purtroppo, ho l’impressione che il doppiaggio non abbia aiutato).
Julia Roberts se la cava efficacemente, anche se forse il suo personaggio è quello più debole dei quattro.
Jude Law è decisamente alla sua prova migliore degli ultimi anni, in un ruolo che finalmente gli offre la possibilità di esprimere il suo valore. Ma è Natalie Portman a sconvolgere, grazie ad una performance eccezionale. Si tratta di una prova di maturità memorabile, che segna un punto di svolta fondamentale per questa attrice, e che le dovrebbe valere una meritatissima candidatura all’Oscar (anche se incredibilmente, considerando che è l’anima del film, come non protagonista).

Insomma, siamo di fronte ad un titolo meraviglioso, che cerca la verità a tutti i costi, come i suoi personaggi. E il fatto che nessuno riesca a trovarla rende ancora più struggente la visione...

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