Close, la recensione | Cannes 75

Il peso del giudizio sociale su due bambini dalla relazione solo di poco non convenzionale inizia a pesare sulla loro tenuta psicologica

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Close, il film di Lukas Dhont in concorso al festival di Cannes

Il problema, molto spesso, è il manuale. Il manuale di come si fanno i film d’autore. Ovvero il fatto che il cinema d’autore diventi un genere da che non lo è (in teoria dovrebbe contraddistinguere un modo di pensare i film), un genere con i suoi luoghi comuni, i suoi archetipi narrativi e, cosa peggiore, le sue soluzioni formali sempre uguali, adottate da registi diversi, cosa che di fatto appiattisce quella che dovrebbe essere la caratteristica principale e più importante: la personalità.

Lukas Dhont si era fatto notare con Girl ed era legittimo aspettarsi che Close avrebbe confermato quanto di buono visto, magari rilanciando sul piano stilistico, svelando non l’ennesimo buon esecutore del genere “film d’autore” ma un autore reale, con uno stile proprio e capace di parlare anche con la maniera in cui realizza i film. Invece no, Close è a tutti gli effetti un passo indietro, dimostra una personalità nella scrittura (temi e idee di Girl si trovano anche qui) ma per niente nella realizzazione. E tutta quella sensibilità delicata che avevamo visto qui è solo implicata, mai messa in scena.

Ancora una volta la storia racconta di come la società fatichi ad inglobare modelli sessuali o anche di gender non allineati al binomio maschile/femminile e di quanto questo massacri la testa e l’anima di chi invece si ritrova posizionato in un punto meno convenzionale dello spettro sessuale. Accade ai due bambini protagonisti, amici così amici da avere un contatto fisico forte, più forte del solito per la loro età. Forse c’è dell’attrazione in embrione, forse no, forse sono solo meno inibiti dei loro coetanei e non hanno problemi nel manifestarsi affetto in modi ritenuti femminili, con abbracci e contatti. Di fatto nessuno sembra accettarlo e il giudizio sociale comincia ad allontanarli. Ci sarà un fattaccio e la seconda parte del film sarà tutta dedicata al venire a patti con questo fattaccio.

Non solo tutta la trama è narrata con le classiche piccole ellissi di vita quotidiana spezzettate, ma quando serve un po’ più di decisione e quel tipo di messa in scena e stile di racconto dovrebbe raccontarci il precipitare della tenuta psicologica di uno dei due, e dovrebbe farlo con la recitazione, Close fallisce. La minuzia nelle interpretazioni non arriva mai, anzi c’è un po’ di grossolana spinta alla commozione! Ripetitivo, lungo anche se dal minutaggio breve, ripiegato in poche soluzioni sempre uguali e affidato al fatto che il pubblico capirà cosa avviene perché è quanto di più prevedibile possa accadere il film perde qualsiasi spinta e diventa, a tutti gli effetti, uno come molti altri.

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