Cloak & Dagger 1x01-02, “First Light”-“Suicide Sprints”: la recensione

La nostra recensione dei primi due episodi della prima stagione di Cloak & Dagger, intitolati “First Light” e “Suicide Sprints”

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Tyrone "Ty" Johnson e Tandy Bowen provengono da contesti sociali sostanzialmente opposti: il primo è un bambino afroamericano cresciuto tra le strade dei quartieri più poveri di New Orleans, mentre la seconda è figlia della classe sociale borghese e agiata, oltre che di etnia caucasica. Nero e bianco, bianco e nero, tenete a mente questi colori. Un giorno che sembrava come tanti altri della loro diversa infanzia, nelle loro vite cambia tutto: a seguito di un incidente, i due perdono reciprocamente una persona a loro cara in circostanze tragiche, entrando in contatto con misteriose sostanze che, in qualche modo, li cambiano. Senza saperlo, Tyrone e Tandy si incontrano per la prima volta proprio in questa circostanza.

Passano gli anni e tutto cambia ancora: Tyrone è infatti una promessa del basket, uno studente modello e un fedele devoto, nonostante una certa oscurità che da quel fatidico giorno alberga dentro di lui, pulsando, cercando in tutti i modi di uscire. Tandy, invece, ha perso tutto, anche volontariamente, e oggi vive una vita precaria e pericolosa, dedita anche a piccoli atti criminali: nonostante viva al buio, dentro la giovane c'è però ancora una luce che non si può spegnere.

Inaspettatamente e in modo rocambolesco, i due si incontrano e senza volerlo si toccano (forse non per la prima volta): il fortuito contatto innesca una reazione, andando a risvegliare degli strani poteri rimasti sopiti per anni dentro di loro. Ma non c'è tempo, al momento, per indagare oltre, perché fantasmi del passato giungono a bussare alle loro rispettive porte. Non ci si può fermare, si può solo fuggire o combattere.

Ecco il sunto dei primi due episodi di Cloak & Dagger, la serie che porta sul piccolo schermo la versione live action dei due metaumani della Marvel Comics creati nel 1982 da Bill Mantlo ed Ed Hannigan sulle pagine di Peter Parker, the Spectacular Spider-Man #64. Il pilot della serie TV, intitolato First Light, ha inizio nel passato e ci presenta le versioni giovani dei due protagonisti in quello stesso giorno in cui la loro vita sarebbe cambiata per sempre. Nel corso della narrazione, nella quale presente e passato si intervallano più di una volta tra loro, scopriamo quello che è il - difficile - presente dei due: ognuno percorre il proprio sentiero in salita, al momento incontrandosi con l'altro solo per una manciata di minuti.

Cloak & Dagger è una serie TV di genere cosiddetto "cinecomics" dall'incipit potentissimo e coinvolgente: la sequenza d'apertura ambientata nel passato possiede infatti uno storytelling dinamico e in crescendo, fino ad un drammatico climax la cui messinscena è travolgente quanto brutale. Nei primi minuti del pilot abbiamo sperato per il meglio: se tutto lo show avesse mantenuto quel tipo di narrazione, dotata di un intreccio altamente funzionale e uno studiato utilizzo delle fotografia, specie per ciò che riguarda i giochi di luce e ombre, oltre quelli cromatici, avremmo potuto davvero festeggiare. Immancabilmente - e tristemente - però, quando la narrazione entra nel vivo, si spegne. Senza riaccendersi mai, a conti fatti, fino alla conclusione del secondo episodio, Suicide Sprints.

Immaginate la nostra delusione nel riportarvi come ciò che abbiamo visto - eccezion fatta per il suddetto incipit - sia uno dei prodotti di genere peggiori mai proposti, sulla falsariga della prima stagione di Iron Fist e The Defenders (l'accostamento con le serie TV Marvel/Netflix non è assolutamente casuale, e ci arriviamo dopo). Il teen drama di stampo peggiore - quello che vuole proporre i protagonisti come giovani eroi maledetti - invade infatti la storia, soffocandola (anche con scialbi brani musicali totalmente anticlimatici). A conti fatti, salvo alcuni brevissimi momenti, di Cloak e Dagger, intesi come personaggi con una propria mitologia, non c'è nulla, salvo qualche lampo di luce bianca e qualche tentacolo di oscurità, la cui resa visiva è peraltro discutibilissima.

Pochi lampi, molte ombre, dunque, in un esordio che non è certo memorabile, e ben al di sotto delle aspettative. Possiamo cautamente - ma davvero cautamente - confidare che, quando i due protagonisti inizieranno un "cammino dell'eroe" comune, le cose potranno migliorare, spostando la narrazione su livelli più consoni, sempre tenendo conto del fatto che l'atmosfera dello show sembra voler abbracciare le atmosfere grounded che tanta fortuna hanno portato ai "supereroi urbani" sul piccolo schermo. Al momento, però, il giudizio non può che essere negativo: la storia proposta è infatti eccessivamente dispersiva e anche inutilmente decompressa. Va a toccare tantissime tematiche - alcune delle quali davvero inutili - senza approfondire mai, e soprattutto presentandoci personaggi dotati di apparenti e molteplici sfaccettature, ma per ora privi di spessore, così come impalpabili sono le interpretazioni dei due attori protagonisti, Olivia Holt e Aubrey Joseph.

Sembra proprio che il canone Netflix abbia fatto scuola, e non è un bene: la messinscena di Cloak & Dagger è infatti molto dozzinale in tutti i suoi aspetti, mostrando il suo aspetto peggiore in una scenografia stereotipata e in soluzioni registiche troppo artigianali, specie in fase di montaggio. A volte, si ha quasi la sensazione che questi show siano prodotti per il solo fatto di essere prodotti, pur di dar sempre qualcosa a uno spettatore che forse è troppo spesso sottovalutato. Quantità a totale discapito della qualità, in sostanza.

A partire dalla recensione del prossimo episodio, ci concentreremo maggiormente sulla natura dei personaggi, con parallelismi alle loro iterazioni originali nate sulle pagine dei fumetti Marvel. In questo senso, sono praticamente assenti rimandi o easter egg dei comics della Casa delle Idee o dei film e della altre serie TV dei Marvel Studios, eccezion fatta per la presenza della Roxxon, la corporazione industriale fittizia di questo universo narrativo apparsa per la prima volta in Captain America #180 (1974), che è un po' lo specchio di tutti gli aspetti negativi del settore terziario del mondo attuale.

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