Clickbait: la recensione

Clickbait ha dalla sua la forza della semplicità e della godibilità, ma non riesce a dire davvero qualcosa sui suoi temi

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Clickbait: la recensione

La premessa di Clickbait è quella dell'episodio più stereotipato di Black Mirror che vi potrebbe venire in mente. C'è un uomo che è stato rapito e che appare in rete con un cartello che dice "quando questo video raggiungerà 5 milioni di visualizzazioni, io morirò". Non è poi così diverso dal primo, storico episodio di Black Mirror (quello della scena del maiale, per capirci). Sarebbe l'occasione per raccontare gli estremi del voyeurismo digitale, la tendenza del pubblico a voler affondare i denti e lo sguardo nel peggio che la rete ha da offrire. Ma in realtà questa miniserie di Netflix non ha la forza per raccontare bene quei temi e, va detto, alla fine non le interessa nemmeno troppo.

Quindi, la storia inizia con questo rapimento e questo filmato che arriva in rete. Nick Brewer (Adrian Grenier), a quanto pare padre e marito irreprensibile, appare in rete sanguinante e con questo cartello in mano. Va aggiunto che un secondo cartello contiene la confessione secondo cui l'uomo avrebbe abusato di alcune donne. Da questa premessa si dipanano tutte le storie e le reazioni dei personaggi legati a Nick. C'è la sorella Pia (Zoe Kazan), la moglie Sophie (Betty Gabriel), il detective Roshan Amiri (Phoenix Raei) e altri. Ogni episodio degli otto porta il titolo del personaggio protagonista della puntata, che offre il suo particolare punto di vista sulla vicenda. Finché l'ottavo episodio, intitolato "La risposta" fa luce su tutto.

Clickbait ha dalla sua la forza della semplicità e della godibilità. La serie è molto scorrevole, la struttura da thriller è ben congegnata, la visione delle puntate si sussegue senza problemi o fatica. Insomma, è tutto sufficientemente interessante da tenere legati allo svolgimento. Che nel corso della narrazione sfrutterà come fionda verso gli sviluppi successivi tutta una serie di rivelazioni sconcertanti sui personaggi che si accumulano e ci svelano qualcosa di più su chi erano prima della tragedia. Clickbait vorrebbe parlare di identità digitali, catfishing, tradimenti, manipolazione, accanimento dei media, ma inserisce tutto in una cornice da thriller poliziesco senza troppe pretese. Di quelli che immaginano un canovaccio di base abbastanza interessante senza curarsi di lavorare sulla cornice e sui personaggi.

Nessuno dei caratteri emerge particolarmente, nonostante un cast valido. A muovere l'intreccio dovrebbe esserci la testardaggine di Pia, che nonostante vari attriti con il fratello è determinata ad aiutarlo, i dubbi di Sophie, che cerca anche di proteggere i figli dall'accaduto, il rapporto sempre più personale del detective Amiri con il caso. Ma sono personaggi stereotipati la cui caratterizzazione e il cui apporto emotivo alla trama non va molto oltre la breve descrizione di cui sopra. E lo stesso intreccio viaggia su binari sempre più esagerati e sopra le righe. Vorrebbe parlare di tanti argomenti, ma non trova mai lo spunto interessante per farlo al di là della semplice esposizione dei fatti, e alla fine le tematiche rimangono vagamente espresse.

Il finale comunque risponde a tutte le domande e, per quanto sia abbastanza assurdo, non raggiunge le vette di follia del recente Dietro i suoi occhi.

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