Classifica: le 10 migliori serie in onda (prima parte)

Estate, tempo di recuperi di serie tv. Ma quali sono, secondo la nostra personale classifica, le migliori al momento? Ecco le prime cinque posizioni...

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"Mi piacciono le storie che durano. E la televisione è di gran lunga più interessante del cinema adesso. Pare che l'arte sia confinata lì"

E se lo dice il maestro David Lynch ci fidiamo. Anzi, a conclusione di una stagione televisiva – ma in fondo la tv non si ferma mai – che si è distinta per una serie di interessanti debutti, tracciamo un rapido bilancio del panorama attuale proponendovi, in due segmenti, quelle che secondo noi sono le migliori 10 serie in onda al momento.

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10 - Homeland: Il gioco delle parti condotto tra l'agente della CIA Carrie Mathison (Claire Danes) e il marine terrorista Nicholas Brody (Damian Lewis) ha alzato ancora di più la posta nel corso di una seconda stagione di altissimo livello. La serie di Showtime ha saputo spostare la tensione su un piano più personale, disfare i propri personaggi, le loro (e nostre) certezze, trattare con noncuranza le consuete regole del linguaggio televisivo in un costante ribaltamento di prospettive culminato in un finale spiazzante. In un graduale ma visibile passaggio da spy-story a fantapolitica, abbiamo scoperto che la forza di Homeland sta soprattutto nella sua capacità di sapersi reinventare costantemente mantenendo intatto il proprio nucleo fatto di ottimi protagonisti e di una solida scrittura che non ha paura di prendersi i propri rischi. D'altra parte riuscire a superare Mad Men dopo quattro anni di dominio incontrastato agli Emmy non era da tutti.

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9 – Louie: La comedy che dovreste recuperare. Perché? Perché il comico Louis C.K. è riuscito a costruire e a trasportare sul piccolo schermo la propria personale visione di comedy in un progetto diverso da qualunque altra cosa in onda al momento. Un progetto di cui è interprete principale, sceneggiatore e regista, in cui è riuscito a fondere momenti di vita quotidiana e ricostruzioni dei propri spettacoli, in cui ha costruito una personale visione della commedia e di ciò che rappresenta dal punto di vista degli attori, di cosa dovrebbe parlare e come dovrebbe esprimersi. E in tutto ciò, lasciando libero sfogo a sperimentazioni in fase di sceneggiatura, regia, montaggio, è anche riuscito a parlare, filtrato ovviamente dal suo linguaggio, di tematiche come la religione, la sessualità, la moralità e le contraddizioni insite nella cultura americana e, in generale, occidentale. Senza contare che la serie fa morire dal ridere.

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8 – Treme: Dovrebbe sempre essere in onda una serie di David Simon (The Wire, The Corner, Generation Kill), per ricordarci fino a che punto può arrivare la tv. Nel purgatorio di una New Orleans all'indomani della devastazione portata dall'uragano Katrina per raccontarci il calvario di una serie di anime che si sentono straniere a casa loro, che tentano faticosamente di riprendere le loro vite, e intanto suonano, danzano, esorcizzano l'abbandono delle autorità tramite canzoni e carnevali in strada. Simon, che qui si è appoggiato come interpreti, oltre ad alcuni nomi noti nelle sue produzioni, anche a John Goodman e Melissa Leo, ha la solita grande capacità di raccontare la vita nella sua lentezza, nel suo realismo, nelle sue semplici passioni umane

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7 – Community: La quarta stagione è stata un completo disastro. Ma questo non può far passare in secondo piano la genialità nella scrittura dei tre anni precedenti, il continuo spiazzamento delle aspettative, la capacità di rielaborare, appoggiandosi su un canovaccio così banale come quello di sette amici in un gruppo di studio, il linguaggio televisivo regalando delle vere e proprie perle di metanarrazione. Della genialità della serie si è già detto in altre occasioni e quindi, con le migliori speranze per un futuro nel quale tornerà anche Dan Harmon, diciamo solo: sixseasonsandamovie.

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6 – Sherlock: La serie ideata da Steven Moffat rappresenta il perfetto esempio di come dovrebbe essere una trasposizione. Rispettosa del materiale originale ma non completamente appoggiata ad esso, capace di infondere linfa vitale a dei personaggi immortali senza snaturarli. Nelle sue sei puntate Sherlock è stato questo e molto di più. La Londra in cui si muovono due straordinari Benedict Cumberbatch e Martin Freeman è stata presentata come un universo vivo, quasi un personaggio silenzioso che affianca i due investigatori nelle loro indagini. Sherlock è in una scrittura straordinaria, è nella semplicità di riuscire a voler bene ad un personaggio evidentemente amato per primo dai suoi autori, è nell'accento fantastico di Cumberbatch, è nelle movenze di Moriarty, è nella capacità di riuscire a sorprendere raccontando storie che abbiamo già sentito mille volte in un mondo in cui meravigliarsi è sempre più difficile.

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