Città in fiamme, la recensione
Città in fiamme risulta più convincente come potenziale commedia romantica che come giallo sfilacciato e fin troppo didascalico
La nostra recensione della serie investigativa Città in fiamme, disponibile su Apple TV+
Fortunatamente per noi, Città in fiamme manifesta sì punti di contatto con i sopracitati capisaldi di Schwartz e Savage (un certo compiaciuto occhio per le miserie dell’upper class, una rappresentazione relativamente stereotipata delle frange più ribelli della gioventù), ma risulta ben più evoluta e dinamica nel tratteggiare l’affresco corale che ruota attorno al misterioso tentato omicidio della studentessa Samantha Yeung (Chase Sui Wonders).
Bruciare le fonti
Nel prendere a modello il romanzo di Hallberg, la serie se ne distacca in modo immediato e inequivocabile: la storia si sposta dagli anni ‘70 a un più vicino 2003, in una New York ancora segnata dal crollo delle Torri Gemelle. Inoltre, i numerosi flashback che animano il testo originale vengono ridotti al minimo nella trasposizione televisiva; una scelta che va a depotenziare la narrazione, divenuta qui piuttosto lineare, senza però garantire al pubblico un approfondimento psicologico tale da farci affezionare a tutti i protagonisti.
Quel che resta, al netto dello slittamento cronologico dell’ambientazione, è una cura ammirevole nel restituire un mood, un’atmosfera, un tono specifico di un periodo storico che vive attraverso scelte musicali precise. I personaggi, tratteggiati più o meno bene, si muovono all’interno di uno spazio- tempo credibile e affascinante, che veicola l’immersione dello spettatore laddove la sceneggiatura risulta, spesso, inadempiente rispetto a tale compito.
Una donna, un mistero
Nella prima metà di stagione, più che concentrarsi sull'identità dell'assalitore di Sam, Città in fiamme sembra focalizzarsi sulla vittima stessa. Chi è Sam? In che modo fa da anello di congiunzione tra le diverse linee narrative? A fare da guida in questa esplorazione è principalmente il giovane Charlie (Wyatt Oleff), perdutamente innamoratosi della ragazza. Nei flashback dedicati alla loro amicizia, la serie si concede toni da commedia romantica che non sempre si sposano bene con il mood generale del racconto, caratterizzato da tinte ben più cupe.
Se la commistione di generi regge per i primi episodi, da metà stagione in po' Città in fiamme ha un'improvvisa inversione di tendenza. Abbandonato l'approfondimento - non sempre riuscito - dei suoi personaggi principali, ingrana una marcia stridente e inizia a tirare frettolosamente le fila dell'indagine. Il dramma cede il passo al didascalismo più brutale, con i protagonisti impegnati a risolvere il giallo non tanto agendo, quanto parlando di ciò che è successo. Il risultato è un fiume verboso popolato di figure incoerenti, detective improvvisati che sembrano aver dimenticato pulsioni e interessi che li hanno mossi fino a quel momento in favore di un'improvviso desiderio di indagare.
Né carne, né pesce
In conclusione, Città in fiamme sembra restare immobile di fronte a un bivio, senza trovare il coraggio di intraprendere alcuna strada. Rinuncia troppo presto all'intento iniziale di arrivare in profondità nella costruzione psicologica dei suoi protagonisti; di contro, non risulta mai davvero convincente come giallo. I pochi colpi di scena non sovvertono le aspettative; in parallelo, non ci sono mai reali guizzi registici in grado di garantire alla serie un'identità specifica almeno sul piano visuale.
Non bastano le ottime performance del cast a risollevare le sorti di un racconto incerto; persino il titolo risulta scollato dal nocciolo della trama, e delle fiamme paventate non emerge che qualche sporadica, debole scintilla. Davanti ai nostri occhi, più che una città in fiamme, si presenta una distesa di cenere da cui, di tanto in tanto, si ergono disorientati protagonisti.