Citizenfour, la recensione
Snowden pochi giorni prima di diventare Snowden svela in Citizenfour un autentico senso del terrore verso il proprio paese che è qualcosa di raramente visto
È stato girato nei giorni in cui Edward Snowden era fuggito dagli Stati Uniti e aveva maturato la decisione di svelare al mondo la maniera in cui il suo paese spiava le conversazioni di tutti (capi di stato stranieri inclusi), le sue rivelazioni avrebbero portato alla più grande fuga di notizie della storia e contemporaneamente alla più massiccia caccia all'uomo che si ricordi. Paradossalmente vediamo questo film ad anni di distanza dagli eventi che racconta e dunque sappiamo in realtà già tutto ma nelle sue scene ogni cosa prima deve ancora accadere, dopodichè accade e abbiamo la possibilità di vedere il controcampo della grande caccia. Dov'era Snowden quando tutti lo cercavano, cosa faceva, con chi parlava, cosa pianificava e cosa pensava?
La parte di cronaca e documentazione degli eventi di Citizenfour è dunque quella in cui Snowden parla in camera riguardo le sue scelte, in cui spiega ai giornalisti del Guardian cosa voglia rivelare, perchè e in quale maniera funzionassero i molti sistemi di intercettazione. È un livello molto gelido di documentazione in cui il principale sospettato fornisce il suo punto di vista sulle cose, parla di ciò che sa di aver perso (famiglia, affetti, possibilità di vivere nel suo paese...) e di ciò che sa attenderlo.
Dunque oltre a rispondere alla doverosa domanda "Come ha fatto quel che ha fatto Edward Snowden e perchè?", Citizenfour cerca anche di rispondere ad una più complessa: "Come ha vissuto quei giorni prima che la sua e la nostra vita cambiasse per sempre?". Per farlo utilizza un complesso ritmo dato da risate di tensione, improvvise impennate di paura (incredibile quella per l'allarme antincendio) e un senso dello stato che, una volta tanto, si avvicina al terrore. Snowden è davvero terrorizzato da quello che il proprio paese può e intenderà fargli, quando ci pensa e quando ne parla cerca di mantenere la calma e la freddezza ma in questo tradisce una paura tangibile che prende la forma di molte precauzioni al limite dell'assurdo (eppure, visto da chi provengono, necessarie) come il paradossale mantello per coprire i tasti battuti. C'è una sottile linea tesa, un equilibrio che si ha la sensazione possa essere rotto da un momento all'altro in ogni scena, come se qualcuno stesse per fare irruzione e le persone inquadrate non stessero aspettando altro. Se davvero è possibile riprendere la paura di un uomo, questo è quello che è accaduto.
Laura Poitras, posta di fronte alle immagini più cercate e desiderate del mondo è riuscita nell'impossibile impresa di montarle in maniera da contaminare il racconto dei fatti con la tensione e il giudizio politico su un nemico invisibile e potentissimo, è riuscita a portare l'aura di paranoia e follia della fantascienza indipendente a budget minuscolo nella più concreta e reale delle storie.