Cipria - Il film della nostra vita, la recensione

Piperno e Villari ci trasportano nell’Italia degli anni Venti per raccontarci la storia di tre donne libere, creando in chi guarda una bellissima nostalgia per una vita che non si è vissuta

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La recensione di Cipria - Il film della nostra vita, al cinema dall’8 marzo

Sembra uscito da un altro mondo Cipria - Il film della nostra vita di Giovanni Piperno e Anna Villari. Realizzato utilizzando immagini d’archivio “anonime” (dall’archivio dei film di famiglia Home Movies) e mescolando con queste riprese reali, fumetti e brevi ricostruzioni, Piperno e Villari ci trasportano nell’Italia degli anni Venti per raccontarci la storia di tre donne libere, creando in chi guarda una bellissima nostalgia per una vita che non si è vissuta e insieme per un’epoca che sembra ormai lontanissima ma che in realtà fa riflettere su come la vita delle donne sia cambiata (e stia cambiando).

Il pretesto, anzi l’obiettivo del film, è quello di realizzare un film che non fu mai realizzato. Nel 1941 infatti la casa cosmetica di Giuseppe Visconti di Modrone (padre di Luchino Visconti) indì un concorso che - per sponsorizzare una nuova cipria - invitava le donne italiane a racontare le loro storie: la storia vincitrice sarebbe diventata un film. Un’idea pubblicitaria si trasforma quindi in un’occasione narrativa, e il concorso ideato da Cesare Zavattini, Alba De Cespedes, Luchino Visconti e Vittorio De Sica sceglie una storia che tuttavia a causa della guerra non sarà mai filmata.

Cipria - Il film della nostra vita prende quindi questa vita sospesa nel tempo tra la storia del cinema e quella italiana (dell’evoluzione dei costumi, del ruolo della donna in società) e attraverso il ritratto di Maria percorre gli anni venti, i trenta fino al 1941. Cresciuta in campagna, Maria sogna di abbandonare la monotonia di quei luoghi e allora si trasferisce in città: non viene specificato da dove venga e in che città vada, e così la sua storia, narrata in prima persona da una voce narrante, sembra al contempo vera e finzionale… proprio come sarebbe dovuto essere il film. 

Il film racconta la sua vita per brevi episodi e la cosa più bella è il modo in cui riesce a scorrere fluidamente tra un dettaglio della vita di Maria e quella di altre donne che ha conosciuto, andando a creare fili e collegamenti inaspettati, piacevoli, pieni di un senso preciso di gioia di vivere nonostante le difficoltà. Cipria infatti non è in nessun modo un film che vuole additare problemi ma semplicemente narrare vite senza giudizio, in forma romanzata. E così da Maria passiamo alla storia di Donatella e di un ponte nelle Filippine, a quella di Zefferina e la sua vita itinerante con il circo. Tra il racconto di serate danzanti, un lavoro che pian piano mangia le ore di Maria e così anche i suoi sogni romantici, il cinematografo e lA vita cittadina, Cipria è un viaggio nel tempo pieno di romantico innamoramento per la vita e per le storie ben raccontate.

La cosa che colpisce di Cipria, oltre alla scorrevolezza del racconto, è il modo in cui riesce a giocare con le immagini d’archivio creando l’illusione che le donne di cui si parli siano quelle che effettivamente vediamo sullo schermo. Un ulteriore modo per giocare sull’idea di finzione e di vita dimenticata. È poi proiettando queste immagini in spazi dell’oggi che rievocano il passato - luoghi come fabbriche o vecchi cinema ora vuoti - che il film fa infine prendere vita in un ulteriore modo a questo mondo dimenticato di cui, ora, ci viene una gran nostalgia.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Cipria - Il film della nostra vita? Scrivetelo nei commenti!

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