Ciao Amore Vado a Combattere, la recensione
Documentario montato e narrato come un film di finzione, Ciao Amore Vado A Combattere è la storia meno convenzionale per un corpo femminile
Chantal Ughi infatti mena, corre, mangia, guarda della tv e parla di arti marziali con i tassisti, sostanzialmente è questo che la vediamo fare in preparazione all’incontro, intanto con dei filmati di anni prima vediamo i primi incontri, sentiamo dalle sue parole come sia arrivata alla muay thai, sentiamo i suoi allenatori parlare di lei, del suo stile e della sua dedizione, così il film apre degli squarci sulle motivazioni e sul passato di questa donna. Che è il vero film.
Come in un’opera di finzione questo documentario usa il presente per dare senso al passato. Quando Ciao Amore Vado A Combattere arriva a svelare le parti meno concilianti dell’infanzia e della vita familiare della sua protagonista le ha costruito addosso un personaggio che dà senso a quei racconti, uno fatto di fatica sudore e pugni presi e dati, uno inarrestabile, di poche parole e grande dedizione.
Con un uso fantastico dei filmati del passato, del volto più giovane di Chantal Ughi delle foto e dei video della vita a New York e poi degli incontri di adesso, tutti gomitate e ginocchiate, colpi di allenamento e di veri incontri sul ring, Ciao Amore Vado A Combattere narra, in poche parole, la storia di un corpo che è passato dallo sforzo del recitare a quello del combattere, un fisico che si fa guardare mentre è in moto in ogni senso, sia che finga sia che meni. Intorno c’è una trama da Rocky costruita benissimo da Simone Manetti con il montaggio, una fatta di occasioni, rivincite, possibilità quasi fuori tempo massimo (non è più giovanissima ed è un anno che non combatte, elementi che giocano contro di lei) che dà a quei fatti veri la profondità e il “senso” aggiunto che solitamente attribuiamo alla finzione e che poi è quello che consente ad una storia di fare il passaggio da “interessante” a “significativa”.