La recensione di The Christmas Show, in uscita in sala il 17 novembre
Il dettaglio che non mente mai è la musica. Non tanto la composizione e l’esecuzione, ma l’utilizzo. Una fotografia densa e barocca, una scenografia ambiziosa e la più standard e incolore delle recitazioni possono confondere le acque ma poi l’uso della musica è la vera cartina tornasole del cinema più deprecabile. Perché non c’è niente, nemmeno la perizia tecnica, che possa giustificare la maniera in cui nelle produzioni più turpi la musica è usata per anticipare, introdurre e servire su un piatto d’argento l’arrivo di un’emozione. L’unione tra la minor fiducia possibile nei propri mezzi e il disprezzo maggiore per un pubblico che va imboccato per tutto. Sono musiche che arrivano sempre qualche secondo prima dell’emozione che annunciano, sempre riconoscibili, sempre accoppiate a un cambio d’espressione degli attori. Un accenno di note lente di pianoforte che serve un volto basito. Un arpeggio di chitarra acustica che sostiene un primo piano sognante. Ma anche la più pietosa delle rumbe che srotola il tappeto rosso per un segmento comico, o ancora un classico ZAN ZAN per il colpo di scena, vanno bene. Sono tutti indicatori inappellabili.
The Christmas Show, con questo titolo in inglese e la sua trama di fantasia a pesante tema natalizio (la caratterizzazione delle scene è davvero senza appello), è un perfetto esempio della corsa sul posto del cinema italiano per cambiare, essere diverso, fare film più internazionali senza farli davvero, cambiando qualche caratteristica per farsi approvare il progetto e poi realizzare il solito film con i soliti attori, le solite dinamiche e il solito spirito. Qui un reality di Natale che coinvolge una famiglia riottosa (ma bisognosa di soldi) è messo in opposizione alle favole, ad un romanziere bello in pesante golf invernale che scrive di principi e principesse aiutato da una voce fuoricampo presa da una pubblicità. Ci saranno amori e convenienze, Serena Autieri mamma vedova (ma anche chirurgo!) che deve scegliere tra Francesco Pannofino spietato (e comico, non dimentichiamo) dispensatore di convenienza e Raoul Bova, tenero innamorato dallo status intellettuale fuori scala.
In ambienti da pura fiction con interpretazioni spinte con violenza sul bozzettismo e alleggerimenti di commedia come un’aragosta a zonzo per casa che pizzicherà un sedere seduto sul water o un bambino impertinente che fa cadere un secchio d’acqua in testa a chi non gli va a genio (!),
The Christmas Show naviga sicuro verso un finale di purissimo matrimonismo, uno cioè in cui tutti devono accoppiarsi. Tutti. Che nessuno rimanga solo. La protagonista ovviamente, la figlia adolescente con uno dei suoi due innamorati e poi anche la presentatrice (veramente con una persona a caso) e anche il regista del reality con la sua aiuto.
Un finale a un “Ballo incanto sotto il mare” (roba da desiderare di dimenticare il film da cui viene questa citazione) sugellerà poi una serie di riferimenti vecchissimi spacciati come attuali (da Il sesto senso agli One Direction), testimonianza inappellabile di chi sia il vero pubblico di The Christmas Show.