Chi ha incastrato Babbo Natale, la recensione

Cinema di Natale con idee all'americana riempite di personaggi napoletani che indugia sugli stereotipi tradizionali per rimaneggiare il solito sud contro nord

Critico e giornalista cinematografico


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Chi ha incastrato Babbo Natale, la recensione

È probabile che quando Vincenzo Salemme parla di “sclerosi della furbizia”, descrivendo la maniera in cui una parte dei napoletani indugi sullo stereotipo della furbizia che il resto del paese gli ha appiccicato, facendone un vanto e sistematicamente cercando quel tipo di scorciatoia, come se fossero obbligati, parli anche di rappresentazioni che ne prolungano l’idea di virtù come quella di Alessandro Siani. Chi ha incastrato Babbo Natale (così, senza punto interrogativo, una dichiarazione) inizia proprio con lui, napoletano caratterizzato dalla furbizia, che truffa i creduloni, che ovviamente sono tedeschi perché nell’immaginario collettivo non solo sono l’opposto logico ma anche più scemi.
Poco dopo, nel constatare la miseria della sua situazione sentenzierà in un momento di grande serietà: “C’è chi nasce con scarpe buone e chi no. Le scarpe ce le dà Dio. Dobbiamo abituarci a portarle”. La furbizia a quanto pare è l’unica cosa che ti rimane quando ti capitano quel tipo di scarpe. Altre strade, sembra evidente, non ci sono.

Certo a meno che non arrivi Babbo Natale, inteso. O un elfo suo emissario che proprio Siani va a pescare tra i molti, perché particolarmente scemo e casinista, così che mettendo a capo lui della modernizzazione di Babbo Natale (che essendo interpretato da Christian De Sica nel tempo libero prova un musical, perché nel cinema italiano l'attore è sempre più un personaggio del personaggio che interpreta) questi possa fallire, aiutando indirettamente i suoi concorrenti una mega società moderna e tecnologica che consegna regali in tutto il mondo a pagamento, con abbonamenti, e che vede in Babbo Natale una concorrenza gratuita imbattibile. Si potrebbe dire che questa società rappresenti Amazon, visto come è descritta, il tipico maligno dei film di Siani (tecnologico, capitalista e del nord!), contro cui poi si scaglieranno anche le ire della Befana per il fatto che consegnano a pagamento (certo se si abbonassero ammortizzerebbero molto le spese di spedizione) non fosse poi per il marchio di Prime Video in bella vista che apre il film stesso, finanziato da Amazon.

Lì nel quartier generale di Babbo Natale il protagonista cercherà di modernizzarlo e di renderlo più furbo con disastrosi risultati. Questo nonostante la presenza mitigatrice (ma non proprio utilissima) di Diletta Leotta nel ruolo della nipote di Babbo Natale, parentela che vince il premio “eredità di uno zio ricco” per la trovata più pigra dell’anno.
In generale il tono è quello che da qualche film ha inaugurato Siani, cioè quello del film all’americana, in cui inserire personaggi tradizionali napoletani (il suo su tutti è una macchietta molto locale) e svolgimenti napoletani come la coppia con donna incinta che piange temendo di non avere di che sfamare la creatura. L’obiettivo è comunque la commedia degli opposti, chi lavora contro chi non lavora, che è un altro modo di dire nord contro sud. L’esito infine è tecnicamente molto peggiore del solito, con gravi problemi di montaggio e raccordo in molte scene e un senso sbilenco della messa in scena che fa pensare ad un set non proprio armonioso e ordinato. Si può pensare che in questo tipo di film un montaggio disordinato sia l'ultimo dei problemi. Non è così.

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