Chef, la recensione

Con Chef finalmente Jon Favreau ritorna al cinema che gli riesce meglio (Iron Man a parte), abbassa di molto le pretese, a livello terra terra ma conquista tantissimo

Critico e giornalista cinematografico


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Sgombriamo subito il campo dal metaforone: Jon Favreau ha iniziato la sua carriera dietro la macchina da presa scrivendo e poi dirigendo film piccoli e adorabili come Swingers o Made o ancora Elf. Poi il successo meritato di Iron Man (ad oggi, assieme ad The Avengers il più liscio e compatto tra tutti i blockbuster sugli eroi da fumetto) e poi la discesa con il secondo Iron Man e ancora il terribile Cowboy e Alieni. In questo film da lui scritto e diretto interpreta un cuoco di un buon ristorante che però fa con successo commerciale cose che non gli piacciono per compiacere il proprietario e gli avventori. Dopo che un critico lo stronca e lui fa una figuraccia su internet rispondendogli male, ricomincia da capo con un furgone e dello street food, riscoprendo le radici della propria arte e insieme a tutto ciò i veri valori familiari (oltre a come usare internet). Ognuno ci legga quel che vuole. Ad ogni modo, qualsiasi cosa ci si voglia vedere, il bello del film non sta lì.

Il bello è che a Jon Favreau piace proprio fare film, piace scrivere qualcosa di minuzioso che sia in linea con la tradizione ma si riservi dei piccoli spazi per far qualcosa di diverso dal solito, gli piace seguire le regole per poterle tradire ogni tanto, lavorare di minuzia in minuzia in un racconto che nel suo complesso sembra molto canonico e poco inventivo (la cucina è solo il solito pretesto alla moda, il cuore del film rimane l'affetto familiare) e infine gli piace raccontare.

Quest'ultima caratteristica dei suoi film è quella che, nei casi migliori, li rende più efficaci di qualsiasi media. Il fatto che Favreau si diverta ad inserire in piccole sequenze quel che solitamente viene urlato, goda nel far sì che le relazioni si stabiliscano non attraverso dialoghi diretti ma desumendole da come le persone si comportano e il modo in cui scarta alcune (non tutte) delle regole fisse del cinema americano, danno un andamento sincopato a tutto ciò che scrive che ne costituisce la caratteristica più piacevole. Già il fatto che questo film, questa commediola di riconciliazione familiare che inizia come tutti i film di cucina (con ingredienti tagliati e ricette preparate) e si chiude con il finale di Ratatouille, parli in realtà di internet è da far girare la testa.

Commediola piacevole e scontata che vuol essere piacevole e scontata, Chef sa distaccarsi dal consueto in qualche punto e stupire con una struttura strana (alcuni personaggi come quelli di Robert Downey Jr. e Scarlett Johansson scompaiono di colpo, manca totalmente un villain e dopo il primo quarto il film sembra cambiare completamente) e dettagli inusuali. Peccato che questa voglia in alcuni punti sovrasti quella che è poi la riuscita e intorno a metà durata sembri accumulare momenti uguali a se stessi finendo un po' schiacciato dal proprio genere di appartenenza (alla fine è una commediola familiare della peggior specie che indugia sulla melassa). Ma anche nei momenti peggiori rimane sempre evidente il piacere di Favreau nel mettere in scena, basta far caso alla colonna sonora vivace che non assembla come sarebbe stato facile musica cubana generica e di facile acchiappo (c'è molto di Cuba nella trama) ma cerca abbinamenti trascinanti.

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