Cheerleader per sempre, la recensione

Cheerleader per sempre è una commedia che rispecchia in pieno quella solidità di puro mestiere: prevedibile nei risvolti, buonista ma solida nella costruzione e divertente dove serve

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La nostra recensione di Cheerleader per sempre, su Netflix dal 13 maggio

Dal navigato regista della serialità comedy americana Alex Hardcastle (che ha diretto episodi di Grace e Franky, New Girl, The Office, Parks and Recreation, Crazy Ex Girlfriend…), Cheerleader per sempre è una commedia che rispecchia in pieno quella solidità di puro mestiere: decisamente prevedibile nei risvolti, stucchevolmente buonista ma solida come il marmo nella costruzione, nella scelta di casting (Rebel Wilson è una mina vagante) e divertente qua e là dove serve.

Come spesso accade in queste commedie ad alto tasso di generalismo, ciò che funziona è il meccanismo iniziale, che pone le basi per un percorso di cui è sicuro il finale (e così dev’essere)  ma che sa coinvolgere piuttosto bene tramite il modo in cui disegna il suo itinerario narrativo (l’agognato equilibrio tra variazione e formula che cerca ogni film di genere). Quello di Cheerleader per sempre è il seguente: la cheerleader diciasettenne Ruth sogna di diventare la reginetta del ballo ma finisce in coma dopo una brutta caduta causata dalla rivale. Risvegliatasi esattamente vent’anni dopo, Ruth cerca di riprendere la sua vita là dove l’aveva interrotta e ritorna al liceo per assicurarsi quell’esistenza perfetta che aveva sempre sognato: ma il mondo del frattempo è andato avanti…

In un 2022 “woke” e “conscious”, dall’inclusività costantemente declamata - su cui il film insiste al massimo per creare i suoi spunti comici, ridicolizzando il presente - Ruth troverà mezzi nuovi (i social media) per affrontare dinamiche sociali immutabili (l’arena delle persone popolari). In questo gioco irrisorio tra passato e presente visti come distanti ma evidentemente speculari Cheerleader per sempre trova quasi sempre la risata, tra tempi comici sempre giusti e catchphrases usa e getta ma irresistibili: le cheerleader che fanno routine sui temi sociali, l’influencer autoritaria ma paladina dell’uguaglianza, l’abolizione di re e reginetta del ballo per evitare che esistano “i perdenti”… si tratta di spunti (alcuni più importanti di altri a fini di trama) dalla bassa profondità critica ma che riempiono a dovere l’affresco del vecchio/nuovo mondo in cui si muove Ruth.

Determinante in tutto questo è la carica autoironica di Rebel Wilson (da cui sembra esserci una buona dose di improvvisazione), perno comico essenziale attraverso cui il film riesce a far girare bene il suo meccanismo e di cui sfrutta al massimo quell’infantilismo su cui la Wilson ha costruito la sua figura comica. 

Quando si arrivare a trarre le conclusioni, Cheerleader per sempre non riesce proprio a venire meno alla retorica - ovviamente con tanto di discorso/riflessione, vera specialità hollywoodiana - del “la vita non può essere perfetta, tieniti stretto le persone che ti vogliono bene”. Detta in modo diretto e decisamente semplicione, questa retorica arriva razionalmente senza emozionare, ma innegabilmente sa chiude il cerchio della storia con una scioltezza…di vero mestiere.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Cheerleader per sempre? Scrivetelo nei commenti!

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