Che pasticcio, Bridget Jones!

E anche la single-non single più famosa d’Inghilterra torna in azione, nel seguito del fortunatissimo film di tre anni fa...

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Ma la freschezza dell’originale (anche se non si trattava certo di un capolavoro) viene decisamente annacquata da questa seconda prova. Diverse le ragioni, quasi tutte simili a molte serie analoghe.
Intanto, come ha giustamente notato qualcuno, le scene “copiate” dal primo episodio sono numerose, come i servizi televisivi folli (e in cui emergono i “contenuti” più evidenti di Bridget), la rissa tra i suoi spasimanti (tralasciamo il fatto che non tutte le sfigate del mondo devono scegliere tra Colin Firth e Hugh Grant), i mutandoni della nonna e così via.
Diverso materiale, in realtà , viene sprecato a causa di una regia mediocre e raffazzonata di Beeban Kidron. Basti pensare al finale del collegamento televisivo della nostra eroina (che avrebbe potuto essere leggendario) o ai ragazzi che si trovano sotto casa di Bridget all’arrivo di Mark Darcy, un momento potenzialmente molto divertente e sprecato senza troppi rimpianti.
Per non parlare di quello che avviene in Tailandia, sia che si tratti di lavoro per la televisione (possibile che non si riesca a creare qualcosa di meno stereotipato?) o di sfortunate vicende della protagonista, che si ritrova sempre con compagnie assurde (e che ci insegnano che è meglio conoscere sempre la discografia di Madonna).
Per fortuna che, ogni tanto, gli aspetti surreali della pellicola hanno la meglio, con idee da non buttare via (la medusa animata della scena del bar o la visione “drammatica” del futuro di Bridget).

Ma rispetto al Diario di Bridget Jones, dove la “lotta” per trovare l’uomo giusto era veramente irta di ostacoli e di difficoltà , qui non si capisce proprio perché tutto non dovrebbe funzionare a meraviglia. Se Mark Darcy riesce ad essere troppo buono per essere vero (e Colin Firth, in effetti, sembra avere una scopa nel culo ed è troppo serioso per non nuocere alla pellicola), anche una combinaguai come Bridget dovrebbe tranquillizzarsi e accettare di essere una donna fortunata.
Per fortuna che Renée Zellweger è in gran forma e riesce a portare tutto il peso del film sulle sue (capienti, in questo caso) spalle. Grazie alle sue smorfiette, la sua andatura particolare, le sue gaffe estreme (dai ricevimenti andati a male allo sci “estremo”, passando per delle telefonate piuttosto imbarazzanti) un film francamente bruttino raggiunge una (stentata, d’accordo) sufficienza.
Solo lei potrebbe rendere spassose cose banali come una visita in farmacia o ricevere un bacio (anche se a sorpresa).

Non che il buon Hugh Grant non sia divertentissimo quando è in scena. Le sue volgarità e la sua superficialità , elevati a sistema di vita immutabile, sono sensazionali.
Peccato che l’attore compaia per pochissimo tempo, soltanto come (apparente) ostacolo alla storia tra Bridget e Mark.

Insomma, considerando i risultati al botteghino, sembra che non vedremo più la spericolata e buffa giornalista inglese sul grande schermo. Forse è meglio così, lasciare ora che non si è toccato il fondo...

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