Che - L'argentino

La rivoluzione cubana vista dagli occhi del medico argentino Ernesto Che Guevara, dal sogno folle alla vittoria su Batista. Progetto visionario in partenza, risultato deludente e moscio...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloChe - L'argentinoRegiaSteven Soderbergh
Cast
Benicio Del Toro, Demián Bichir, Rodrigo Santoro, Julia Ormond, Catalina Sandino Moreno
Uscita10 aprile 2009

Di fronte a un tentativo come quello di raccontare la vita di Ernesto Che Guevara in un progetto di più di quattro ore, è difficile rimanere impassibili. Qualsiasi cosa si pensi di questo personaggio storico (rivoluzionario coraggioso o ingenuo idealista che è andato diritto alla morte, per non parlare delle accuse di assassino per le condanne a morte dopo la rivoluzione), è ammirevole il tentativo di un regista e produttore di successo come Steven Soderbergh di raccontare una storia tutt'altro che semplice e commerciale, tanto che alla fine si è decisa di presentarla in due (da una parte la rivoluzione a Cuba, dall'altra il fallito tentativo di organizzare la guerriglia in Bolivia) ed è per questo che per ora recensiamo solo la prima parte, che uscirà in Italia il 10 aprile, tre settimane prima del secondo capitolo.

Purtroppo, il coraggio dimostrato nel trovare sessanta milioni di dollari per girare una storia del genere non corrisponde ai risultati sul grande schermo. Si ha quasi l'impressione che tutta l'energia dei realizzatori sia stata messa nello sforzo di trovare i soldi per il film, ma che, una volta arrivati sui luoghi delle riprese, la benzina creativa fosse terminata. Fa un certo effetto constatare che c'è più forza espressiva nel Che a New York che parla alle Nazioni Unite di quanto venga mostrata nella lotta rivoluzionaria a Cuba. In effetti, qui c'è uno dei diversi errori del film. Un po' troppo innamorato dei giochi temporali, Soderbergh decide di inframmezzare la vicenda principale con dei flash forward che mostrano Guevara a New York diversi anni dopo la vittoria dei rivoluzionari. Va detto che il lavoro sulla differenza tra la fotografia (sempre curata da Soderbergh stesso) di questi momenti è notevole, ma la divisione che così si viene a creare non aiuta lo spettatore a calarsi nella storia.

Ma il vero, grande problema della pellicola è che sbaglia per difetto piuttosto che per eccesso. Insomma, ci si poteva aspettare un prodotto alla Apocalypse Now (se non come risultati, almeno come follia espressiva e coraggio). Ma qui non c'è nulla di eccessivo o di epico, cosa che mi porta a chiedere perché alcuni critici abbiano stroncato il regista per quello che ritenevano un progetto folle, mentre la contestazione vera avrebbe dovuto essere il contrario. Peraltro, a parte qualche scena di esplosione, francamente non si capisce come sia stato utilizzato il budget, visto che la scena tipo di questa pellicola sono 2-3 persone che parlano nella giungla. Non si comprende neanche perché accennare a una sottotrama romantica con quella che sarà la sua seconda moglie (una Catalina Sandino Moreno abbastanza sprecata), se poi la cosa viene lasciata cadere. E anche il lavoro sul montaggio, che di solito è uno dei punti di forza dei titoli di questo regista, qui non è nulla di eccezionale.

Per il resto, non si può dire che i realizzatori si facilitino la vita. La scelta di far recitare tutti in spagnolo (a parte alcuni momenti americani) sarà anche rispettosa della storia narrata, ma certo a livello commerciale i sottotitoli sono un'ulteriore mazzata. E poi, non è sempre facile comprendere alcune immagini (come se tutti dovessero essere esperti di rivoluzione cubana), mentre risulta un po' ridicolo il momento iniziale in cui, su una cartina di Cuba, ci vengono mostrate le principali città, presumo con l'obiettivo di farci capire meglio in seguito l'avanzata dei rivoluzionari (peccato che ricordarsi una cosa del genere dopo due ore sia impossibile).

Sul piano della recitazione, per fortuna, va meglio. Benicio Del Toro offre una prova molto interessante, in un ruolo che gli sarebbe potuto facilmente sfuggire di mano. Il fascino ambiguo del personaggio, comunque, è decisamente espresso, anche se talvolta per mezzo di gesti simbolici e un po' retorici. E il lavoro di Demián Bichir su Fidel Castro è talmente convincente, da rimpiangere il fatto di non averlo visto di più in scena. Gli altri, purtroppo, sono sostanzialmente dei comprimari e non hanno modo di farsi notare. Un po' quello che succede al film. Purtroppo, la seconda parte è anche peggio, come avremo modo di raccontarvi nell'apposita recensione...

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