Charles Manson – Figlio dell’uomo, la recensione

Abbiamo recensito per voi Real Cannibal vol. 2: Charles Manson – Figlio dell’uomo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Charles Manson – Figlio dell’uomo si colloca cronologicamente tra Andrej Čikatilo – Il predatore rossoEd Gein – La madre di tutti i serial killer. Uscito lo scorso novembre, si tratta del secondo volume di The Real Cannibal, l’interessante collana di Edizioni Inkiostro, curata da Luca Blengino, dedicata i più famigerati assassini della Storia. Tra qualche giorno, a Lucca Comics & Games 2018, la casa editrice abruzzese proporrà il quarto appuntamento della serie, incentrato su Ted Bundy.

Il cartonato su Charles Manson vede ai testi Andrea Cavaletto e alle matite Giuseppe Candita, con la consueta introduzione affidata al personaggio di Alfredo Petronio, il protagonista di Cannibal Family, firmata dal suo creatore Rossano Piccioni.

Il fumetto ripercorre dall’infanzia l’esistenza travagliata e disagiata del mostro di turno, illustrando gli eventi più significativi che hanno avuto un peso decisivo nel plasmare una personalità instabile e predisposta, quelli che hanno trasformato un ragazzino come tanti in un carismatico trascinatore di menti fragili, com’era stata la sua.

L’efficace e disinvolta sceneggiatura di Cavaletto, unita a un’eccellente interpretazione grafica di Giuseppe Candita, ci propone alcuni dei momenti più osceni e feroci della biografia del criminale, tra i quali spicca l’efferato eccidio di Cielo Drive a Bel-Air: la notte del 9 agosto 1969, Sharon Tate, incinta di otto mesi, e quattro suoi amici vennero massacrati da tre membri della cosiddetta Manson Family, una sorta di setta da lui guidata come una vera e propria guida religiosa e morale, che aveva preso base in uno dei tanti ranch cinematografici nelle vicinanze di Los Angeles. Lì si praticavano in maniera sfrenata i costumi della cultura hippy più disinibiti legati alla rivoluzione sessuale e all’uso di droghe, ma si rifiutavano quelli inerenti la non violenza e il rispetto delle minoranze, soprattutto di colore.

La vicenda narrata nell’albo giunge fino alla cattura definitiva del mandante e degli esecutori di delitti che hanno segnato profondamente alla fine degli anni '60 l'opinione pubblica statunitense e mondiale. La loro iniziale condanna a morte venne tramutata in carcere a vita; “come se l’America sapesse che i propri demoni non possono essere uccisi mai”, leggiamo in una didascalia della graphic novel.

Gli autori, come tutti noi, sembrano incapaci di penetrare l’oscurità che permeava i pensieri e le motivazioni di Manson, una figura sempre in bilico tra la follia più cieca e la lucida amoralità; i suoi vaneggiamenti, in cui si diceva ispirato dai Beatles e nello specifico dalla canzone Helter Skelter, una sorta di messaggio profetico a lui indirizzato che gli ordinava di diffondere il caos, contrapposti all’eccezionali facoltà di manipolatore e leader, possono forse trovare una spiegazione in qualcosa di diabolico a lui appartenuto.

Questa appare la tesi finale con cui si conclude il racconto di Cavaletto e Candita, che, riportando con estrema bravura e sintesi i fatti essenziali della biografia di Manson, riescono a graffiare la profondità delle nostre angosce e paure, mostrandoci che talvolta queste possono prendere forma e corpo non solo negli incubi peggiori ma incarnandosi in belve dalle fattezze umane che appartengono alla nostra realtà.

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