Chaos Walking, la recensione

Nonostante le note positive, Chaos Walking rimane troppo poco chiaro nei suoi intenti (un film femminista? Un film sulla natura umana?) per funzionare realmente

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Dopo essersi rinchiuso tra le mura domestiche londinesi nel brillante e inventivo Locked Down, Doug Liman torna dietro la macchina da presa con il tutt’altro che convincente film post apocalittico/fantascientifico Chaos Walking. Se le limitazioni produttive del precedente (pochi ambienti, pochi attori, pochi fronzoli) avevano tirato fuori da Liman un estro registico avvolgente, al contrario la totale libertà e apertura di questo film (che delle grandi e complesse ambientazioni fa il suo forte) diventano un freno per la creatività. La colpa, in gran parte, è anche della sceneggiatura di Patrick Ness e Christopher Ford: Chaos Walking è un vero caos narrativo nel senso della parola, ambisce all’epopea futurista senza preoccuparsi di costruire le regole e la credibilità del proprio mondo. Com’è possibile calarsi in un mondo inventato se non lo si capisce?

Il mondo in questione è un pianeta colonizzato dagli umani nel futuro. Non si sa per quale motivo, ma una parte della popolazione umana si è abituata a vivere in modo pre-industriale (si tratta di un’ambientazione estremamente western). Il problema, oltre a quello della mera sopravvivenza, è che in questo mondo di soli uomini (le donne sono tutte morte) il pensiero è sempre visibile, concretizzato in una nuvoletta di immagini e di pensieri che tutti possono sentire (il “rumore”). Nel momento in cui Viola (Daisy Ridley) precipita con la sua navicella sul pianeta, il giovane e insicuro Todd (Tom Holland) scappa con lei dall’insediamento con l’obiettivo di comunicare ai nuovi coloni, in arrivo dallo spazio, la sua posizione. Il tutto scappando dal cattivo e misogino sindaco Prentiss (Mads Mikkelsen) e dalle sue non troppo chiare intenzioni.

La cosa più fastidiosa di Chaos Walking è che si ha sempre la sensazione di non stare capendo per quale motivo i personaggi agiscano: da cosa sono spinti, cosa hanno a cuore, qual è il loro problema. A parte Todd, che ha un minimo di costruzione e conflitto (la classica morte della madre) tutti gli altri sono macchiette, sterotipi come quello del cattivo che vuole solo distruggere o del padre che tiene un segreto per difendere il figlio. Non che i cliché narrativi siano errati (anzi! Bisogna sempre tenerli a mente) ma in Chaos Walking l’impressione è che le cose accadano perché devono accadere e non perché hanno un vero significato. Allo stesso modo, la verbalizzazione dei pensieri, potenzialmente fonte di infinite trovate narrative, non viene mai sfruttata in modo creativo ma rimane una caratteristica quasi secondaria. Per capirci: se anche non ci fosse stato, la storia sarebbe giunta alla stessa conclusione.

C’è di positivo lo studio scenografico, che costruisce un mondo tridimensionale e pieno, dettagliato, non si ha mai la sensazione che sia posticcio. Se a fargli prendere vita non ci riesce la storia, Doug Liman lo rende perlomeno visivamente sempre chiaro, percorribile. Il fine non è purtroppo l’esplorazione, nonostante si tratti di un viaggio a piedi. Non c’è una sincera curiosità nel costruire immagini particolari o evocative (e questo, in un film fantascientifico, è ancora più frustrante): tuttavia Liman accompagna lo spettatore senza confonderlo, e il film ha comunque un suo ritmo serrato che scivola via senza intoppi.

Tom Holland riesce a dare un accento comico, quasi impacciato, al suo personaggio. Si tratta della stessa caratteristica che porta avanti nel suo Spiderman e che solleva non di poco il film, che dei piccoli equivoci comici vive di rendita. Ma, alla fine dei conti e nonostante le note positive, Chaos Walking rimane un film troppo poco chiaro nei suoi intenti (un film femminista? Un film sulla natura umana?) per essere apprezzato.

Cosa ne dite della nostra recensione di Chaos Walking? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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