Changeling

1928, Los Angeles. Una donna lotta per ritrovare suo figlio, contro l'ostracismo delle autorità. Un Clint Eastwood sempre più bravo dirige un'Angelina Jolie straordinaria in uno dei capolavori del 2008...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloChangelingRegiaClint EastwoodCastAngelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Amy Ryan, Colm Feore, Jason Butler Harner
Uscita14 novembre 2008 

E' ufficiale: la critica americana si è bevuta il cervello. Pronta a esaltare qualsiasi cosa arrivi dall'Europa come un prodotto di classe e raffinato (anche i film più pretenziosi e vacui), nelle rare occasioni in cui si trova di fronte a un capolavoro a stelle e strisce come Changeling, peraltro diretto da un realizzatore che non smette mai di migliorare, lo scambia per un polpettone mediocre. Decisamente, la storia è ben diversa. Forse, chi contesta questo film ha paura di emozionarsi e di sentire un groppo in gola, mentre magari preferisce prodotti più cerebrali e freddi, per poter far bella figura coi colleghi nel parlare di storie che non interessano a nessuno.

Bene, per fortuna c'è anche un altro cinema, classico ma coraggioso, forte ma sensibile e Clint Eastwood nelle sue prove migliori ne è forse il cantore supremo. Basta vedere come gestisce i suoi interpreti (tutti perfetti, ma è chiaro che il regista li ha diretti in maniera sublime) o come porta avanti una storia non facile e che a prima vista sembrerebbe molto limitata. Fin dall'inizio, si nota il tocco del maestro, nella grande concentrazione che viene posta sul rapporto madre-figlio. Eastwood sa che tutto il film deve reggere su questo legame e nel breve tempo a disposizione ci lavora benissimo (emblematica la sequenza in cui, nonostante le venga annunciata una promozione, lei sia interessata solo al bene del figlio).

Ma qui, ovviamente, bisogna parlare del monumento realizzato da Angelina Jolie. Siamo abituati a vederla nei panni di donne forti, ma qui può essere tutto: decisa e piangente, freddissima e isterica, affettuosa o feroce. Eccessiva come hanno detto molti? Ma quando mai, considerando che stiamo parlando di una donna che ha perso suo figlio, non di una casalinga disperata che vuole un vestito firmato. E se di scene madri ce ne sono tantissime, sarebbe opportuno non trascurare dei piccoli momenti malinconici, come quando all'inizio di tutta questa drammatica vicenda pensa di aver sentito il figlio e sorride sollevata, per poi rimanere terribilmente delusa. Anche la sua evoluzione, da donna interessata solo alla sua vicenda personale, a combattente per i diritti di chi ha sofferto, è assolutamente naturale e non forzata. Insomma, sembrerebbe proprio aver ragione Eastwood quando dice che la Jolie è danneggiata dalla bellezza e dalla fama. Se questa interpretazione l'avesse fornita una sconosciuta, adesso staremmo a parlare di favorita alla vittoria dell'Oscar, mentre non siamo neanche sicuri che ottenga la nomination. Nel caso (augurabile) questo avvenga, la Jolie dovrebbe ringraziare anche il fantastico lavoro del direttore della fotografia Tom Stern, che la circonda di luci e ombre meravigliose (il lavoro sul volto dell'attrice meriterebbe da solo un premio). Questo collaboratore di fiducia di Clint Eastwood ci aveva già deliziato in Million Dollar Baby e Lettere da Iwo Jima, ma qui probabilmente si supera.

Con un faro così luminoso, era indispensabile trovare dei comprimari all'altezza. Bene, qui ci sono almeno 2-3 interpretazioni che meritebbero candidature come migliori non protagonisti. John Malkovich è una forza della natura, finalmente in un ruolo positivo (ma con sfumature ambigue molto interessanti nel finale). Amy Ryan ha due delle scene più scioccanti del film, tra cui quella in cui spiega alla protagonista il sistema maschilista che imprigiona donne come lei. Devon Conti (che interpreta il figlio/non figlio) è quasi demoniaco quando pronuncia la parola madre. E anche chi, come Frank Wood (il datore di lavoro della Jolie), ha solo tre scene a disposizione, esprime magnificamente tutto quello che prova.

In tutto questo, sarebbe semplice (ma criminale) dimenticare i tanti meriti della sceneggiatura di J. Michael Straczynski. Pensiamo al ruolo della Jolie, in cui sarebbe stato facile puntare sul dramma della madre single povera (cosa che invece non avviene, anche perché non è questa la realtà). O al primo dialogo con il dottore, che inizia in maniera rilassata e che poi cresce quasi come una tortura. Ma la caratteristica migliore di questo lavoro è come riesce a utilizzare registri diversi in maniera ottimale e a creare così qualcosa di veramente originale. Se la base è sicuramente il melodramma, abbiamo momenti di horror (ma senza indulgere mai nel cattivo gusto), poliziesco (difficile in molti momenti non pensare a James Ellroy) e di dramma sociopolitico che analizza anche il ruolo della popolarità e dei mass media (tema decisamente d'attualità). Dopo meno di un'ora e mezza, ti verrebbe da pensare che il film è finito, ma invece prosegue per un'altra oretta (tranquilli, non vi annoierete) senza sbavature e in maniera originalissima (guardate come viene citato Accadde una notte, in un paio di sequenze deliziose). J. Michael Straczynski e Clint Eastwood sembrano dirci che certe storie non finiscono mai, ma continuano a fare male dentro (o a riempire di speranza) per sempre. Esattamente come avverrà con Changeling...

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