Chambers (prima stagione): la recensione
La prima stagione di Chambers mette in campo troppe linee narrative, ma dimostra una forte personalità estetica e un certo coraggio nelle ambizioni
La serie segue Sasha (Sivan Alyra Rose), un'adolescente che ha avuto un infarto e ha ricevuto un trapianto di cuore da Becky Lefevre (Lilliya Reid), una ragazza altoborghese che è morta la stessa notte. Dopo aver incontrato i genitori della giovane (Tony Goldwyn e Uma Thurman), inizia una relazione disfunzionale proprio con la famiglia della defunta, desiderosa di assicurarsi che la prematura scomparsa di Becky possa portare dei benefici a qualcuno. A tal fine, iniziano ad aiutare Sasha attraverso una borsa di studio per la scuola d'élite frequentata dalla figlia, una Prius per farla andare e tornare dalla sua cittadina di operai (e dalla sua popolazione indiana, essendo Sasha per metà nativa), e altro ancora, portando la fanciulla nell'orbita di coloro che conoscevano Becky.
Punto di forza di Chambers è, come detto, l'immaginario estetico che costruisce: è un autentico e continuo piacere per gli occhi, grazie allo stile stabilito dal regista Alfonso Gomez-Rejon, che porta in scena complessi tableaux già mostrati in precedenza nel suo lavoro su American Horror Story. Zoomate coraggiose, inquadrature fuori bolla e scelte cromatiche non sempre realistiche aiutano lo spettatore a immergersi nelle atmosfere soprannaturali della storia narrata. I registi che si susseguono dietro la macchina da presa mantengono l'impronta di Gomez-Rejon, facendone il vero fil rouge della serie al di là della frammentarietà e, talvolta, inconsistenza delle trovate drammaturgiche.
La mancanza di profondità delle troppe storie messe sul campo non basta a riempire degnamente dieci episodi con quello che sarebbe stato ideale per cinque. Il livello delle interpretazioni è comunque notevole: Thurman e Goldwyn riescono a gestire due ruoli che, in più occasioni, rischiano di sfiorare la totale incongruenza e finiscono spesso schiavi di dinamiche reiterate; eppure, la vibrante intensità delle loro performance riesce a trasmettere al meglio un senso di bizzarra verità, a dispetto delle lacune dello script. Plauso anche alla giovane protagonista Sivan Alyra Rose, alle prese con un personaggio con cui non è sempre facile empatizzare e a cui vengono affidate spesso scene di disturbante straniamento a causa della sua condizione di "posseduta".
Chambers è quindi bocciato in pieno? Non ce la sentiamo di stroncare un prodotto che dimostra, almeno nelle ambizioni, un certo innegabile coraggio. I balzi avanti e indietro nel tempo generano un mood che non si vede spesso in televisione; inoltre la colonna sonora, che ha come elemento chiave I Wanna Be Adored degli Stone Roses, fornisce alla storia un tappeto sonoro che la impregna di inquietante fascino anche nei suoi momenti più deboli. È vero, ci troviamo davanti a un prodotto che non è riuscito a mantenersi all'altezza dei propri alti aneliti; tuttavia, le premesse della seconda stagione aprono il campo a un orizzonte di cospirazioni mistiche che si discosta talmente tanto dalle premesse iniziali di questa tranche di episodi da accendere vivamente il nostro appetito. Restiamo in attesa di ulteriori sviluppi, restiamo in attesa di necessarie migliorie.