C'est pas moi, la recensione I Cannes 77

Il Carax più libero, teorico e godardiano è anche quello più sconclusionato: C'est pas moi lancia tante riflessioni, ma senza dire nulla di sostanziale

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La nostra recensione di C'est pas moi, il corto di Leos Carax presentato al Festival di Cannes 2024

Vorrebbe ispirarsi all'ultimo Jean-Luc Godard, ma finisce ben presto nei territori dell'ultimo Gaspar Noé. Con C'est Pas Moi, Leos Carax vorrebbe realizzare un video saggio sul suo cinema, i media e la società attuale, eppure quello che emerge sono solo grandi impalcature su cui lo spettatore dovrebbe costruire da solo delle riflessioni, ma che in verità non portano da nessuna parte.

C'est pas moi nasce da un'esibizione mai realizzata per il museo Pompidou, in cui il regista francese avrebbe dovuto rispondere alla domanda "Chi sono?". Quello che è rimasto (e presentato al Festival di Cannes nella sezione Cannes Premiere) è un corto di 40 minuti dove, come il titolo suggerisce, Carax parte da se stesso per non parlare di se stesso sotto il profilo privato, ampliando invece l'orizzonte alla sua carriera, al legame tra vita privata e arte, alla Storia di oggi e di ieri.

Si succedono allora scene realizzate appositamente per il corto e altre presenti nei suoi lungometraggi, estratti da film altrui, reportage e video di repertorio. I collegamenti sono tutti impliciti: perché una giovane donna legge a due bambini una fiaba sul nazismo? Perché a immagini di Juliette Binoche che corre in Gli amanti del Pont Neuf sono associate quelle di una dissidente russa? Perché nella limousine di Holy Motors un telegiornale annuncia che da tre giorni nessun ride più in Francia? Anche sforzandosi di trovare una risposta, la vacuità del discorso rimane. Si può fare un lungo elenco dei temi tirati in ballo dal film, ma poi nessuno (o quasi) viene affrontato concretamente o lascia qualcosa al termine della visione.

Ancora più frustante è che proprio l'ambito più interessante, almeno per gli appassionati del regista, sia l'unico chiaro e compiuto. Mettendo a confronto i suoi lungometraggi, è infatti il cineasta stesso a trovare l'unica sua ripresa in soggettiva, a evidenziare una sua citazione di Hitchock in Rosso sangue, a riflettere sul tema del movimento nelle sue opere. Viene meno così anche il potenziale piacere cinefilo: Carax si limita a illustrare, a proporre spunti, e in fondo a compiacersi. Un clamoroso autogol per chi, con Holy Motors, aveva portato avanti una lucida analisi della nostra contemporaneità.

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