C'est pas moi, la recensione I Cannes 77
Il Carax più libero, teorico e godardiano è anche quello più sconclusionato: C'est pas moi lancia tante riflessioni, ma senza dire nulla di sostanziale
La nostra recensione di C'est pas moi, il corto di Leos Carax presentato al Festival di Cannes 2024
C'est pas moi nasce da un'esibizione mai realizzata per il museo Pompidou, in cui il regista francese avrebbe dovuto rispondere alla domanda "Chi sono?". Quello che è rimasto (e presentato al Festival di Cannes nella sezione Cannes Premiere) è un corto di 40 minuti dove, come il titolo suggerisce, Carax parte da se stesso per non parlare di se stesso sotto il profilo privato, ampliando invece l'orizzonte alla sua carriera, al legame tra vita privata e arte, alla Storia di oggi e di ieri.
Ancora più frustante è che proprio l'ambito più interessante, almeno per gli appassionati del regista, sia l'unico chiaro e compiuto. Mettendo a confronto i suoi lungometraggi, è infatti il cineasta stesso a trovare l'unica sua ripresa in soggettiva, a evidenziare una sua citazione di Hitchock in Rosso sangue, a riflettere sul tema del movimento nelle sue opere. Viene meno così anche il potenziale piacere cinefilo: Carax si limita a illustrare, a proporre spunti, e in fondo a compiacersi. Un clamoroso autogol per chi, con Holy Motors, aveva portato avanti una lucida analisi della nostra contemporaneità.