Cenere, la recensione

La nostra recensione di Cenere, dramma sentimentale turco che porta riferimenti letterari alti in una confezione da harmony

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La nostra recensione di Cenere, dramma sentimentale turco disponibile su Netflix

Sarà una citazione di Tolstoj, nell'ultima scena, a suggellare quello che in Cenere era chiaro fin dalle prime battute. Temi e riferimenti alti come cornice di un contenuto basso, bassissimo. Nomi e (presunti) modelli irraggiungibili come decoro di un film che va in una direzione completamente opposta e non gioca ironicamente sul proprio materiale di secondo grado. Anzi, punta tutto sulla serietà.

Gökçe, donna ricca sposata con un editore, inizia a leggere un romanzo inedito, dove la protagonista racconta la sua travolgente passione per "M", misterioso falegname. Desiderosa di scoprire se quanto raccontato è vero, visita i luoghi descritti e incontra Metin, che gli appare come il personaggio letterario e inizia a frequentare, trascurando la famiglia e e vivendo cosa ritrova nel libro, fino alle fatali conseguenze.

Se all'origine del dramma turco c'è il sempiterno archetipo di Madame Bovary (una donna che scopre tramite la lettura la mediocrità della propria vita, finendo vittima delle proprie illusioni), la confezione è quella di un harmony di bassa lega. I riferimenti al rapporto tra realtà e finzione conducono a una storia di passione & mistero dall'intreccio esilissimo. C'è il tradimento, l'iniziale euforia e poi qualcosa che rompe l'idillio, tra il marito che inizia a sospettare qualcosa e tenebrosi segreti che emergono. L'iniziale piacere del racconto, che pareva imbastire un'atmosfera fantasy (la cenere del titolo rappresentata come la Polvere di Queste Oscure Materie) scivola via velocemente, per lasciare strabordare un sentimentalismo tragico del tutto ricattatorio. L'unico interesse del film, a volerlo proprio cercare, sta allora nelle sue potenzialità inespresse, in quello che prova a essere ma non riesce a mai a diventare.

Il fatto che Cenere sia un prodotto Netflix lo si nota infatti dalla fotografia iper-satura e dal ritratto della protagonista che almeno inizialmente è in sintonia con la contemporaneità. Nel sottolineare la sua intraprendenza ("Sono io che ho cercato lui" rivendica ad un'amica) gli autori provano a parlare desiderio e di frustrazione, in un inno alla libertà e al "risveglio" femminile. Ma è chiaro che a lungo andare sono gli stereotipi di genere e gender a prevalere. Gökçe è quella sognatrice e ingenua, Metin quello concreto e pragmatico. Un possibile stupro da parte di quest'ultimo passa quasi inosservato. Sarà poi il finale a ribadire la prospettiva del racconto: è il marito a dipanare il mistero e a condannare la condotta della donna, mostrata in tutta la sua fallibilità. Così Cenere non diventa niente di peculiare se non (implicitamente) un esempio di quanto sia difficile emanciparsi dalle tradizioni.

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