C'è chi dice no - la recensione
Tre precari decidono di vendicarsi delle persone che li opprimono. C'è chi dice no è la tipica commedia italiana, con luci e ombre, tendente all'eccesso di carineria...
Recensione a cura di ColinMckenzie
Titolo C'è chi dice noRegiaGiambattista Avellino
Cast
Luca Argentero, Paola Cortellesi, Paolo Ruffini, Myriam Catania, Claudo Bigagli, Marco Bocci
Uscita08-04-2011
Il cinema italiano e il lavoro sono un binomio che abbiamo visto spesso. Si tratta di un tipo di prodotto che sostanzialmente non scontenta nessuno, amanti della comicità e del cinema sociale, ma che in realtà non e' semplice da realizzare bene.
Poi, c'e' un terzetto di protagonisti convincenti. Non sono mai stato un grande fan di Paolo Ruffini, ma qui offre una delle sue prove più mature e interessanti. Luca Argentero conferma di poter essere un uomo per tutte le stagioni e per tutti i ruoli. Senza fare miracoli, è ormai diventato una sicurezza di prove discrete. Forse meno convincente la Cortellesi, almeno rispetto alla sua performance in Nessuno mi può giudicare. E magari bisogna decidersi sull'accento toscano: in una scena sì e nell'altra no?
Forse, il problema è un eccesso di 'carineria' tipico di tanti prodotti Cattleya. Non che sperassi in una vera cattiveria da cinema indipendente americano (mi viene in mente Heathers e in generale le prime pellicole con Christian Slater), ma purtroppo il politically correct prende quasi subito il sopravvento. Una scena è emblematica, quando vediamo dei volatili fatti arrosto. Pensi e speri che siano quelli della coppia perseguitata, ma in realtà è un fagiano (peraltro, bell'investimento...). Insomma, non spaventiamo gli ecologisti. Strana allora la frecciatina a Maroni, a meno che non sia tutto un caso.
Poco efficace anche il tentativo di rendere questa lotta un fenomeno sociale. L'idea sarebbe interessante, ma viene lanciata tardi e sfruttata male.
E la possibilità che tutto finisca a tarallucci e vino si intuisce sin dai conflitti proposti (mai troppo forti, per la verità), che devono per forza concludersi in maniera semplice. Il pericolo è che, come capitato anche per Tutta la vita davanti, il film sui giovani precari finisca per essere visto dai cinquantenni che vogliono farsi una 'cultura' sul fenomeno, e non dai diretti interessati. Vedremo...