Causeway, la recensione

Causeway di Lily Neugebauer riesce a toccare corde molto profonde parlando di traumi e dell’idea di cura come qualcosa di reciproco (ci si cura solo stando insieme), ma lo fa solo per certi attimi.

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La recensione di Causeway, presentato alla Festa del Cinema di Roma e in arrivo su Apple TV+

Potrebbe essere il personaggio di un film di Paul Schrader, quello interpretato da Jennifer Lawrence in Causeway di Lila Neugebauer. Non solo perché anche questa protagonista ha avuto a che fare con la violenza e, in una quotidianità quasi apatica, deve fare i conti con ciò che le è successo: ma soprattutto perché c’è, in questo esordio di Neugebauer, la stessa idea schraderiana di cura attraverso l’affetto maldestro ma tenero tra due persone ugualmente “rotte”.

Neugebauer è ovviamente un’autrice diversa da Schrader, né ne conserva l’ispirazione calvinista e trascendentale: tuttavia, pur essendo la storia mossa molto dall’inerzia (un po’ ripetitiva, un po’ prevedibile), al suo interno dimostra chiaramente di essere guidata da uno sguardo autoriale definito e molto interessante.

Lynsey è un ingegnere dell’esercito americano che dopo un evento traumatico in Afghanistan torna a New Orleans. Di questo evento non sappiamo però nulla, né vediamo nulla: il trauma è tutto interno al personaggio. Quello che invece Neugebauer ci mostra è che Lynsey torna malvolentieri nella casa dove è cresciuta, da una madre assente e in un posto da cui continua a dire di voler scappare. Pezzo per pezzo ne ricostruiamo la storia attraverso dei dettagli e delle informazioni che ci arrivano qua e là dai dialoghi. Lynsey vuole tornare al lavoro per evitare di ricordare un dolore ancora più profondo, e mentre passa l’estate pulendo piscine in attesa di essere riabilitata, stringe un’amicizia dolce e affettuosa con il meccanico James (Brian Tyree Henry), nel cui rispettivo trauma troverà un legame inaspettato.

Nonostante Lawrence sia un personaggio molto silenzioso e che si muove nel mondo con gesti semplici e fluidi, il suo sguardo e il modo in cui Neugebauer la dirige rivelano bene quel dolore di cui non vediamo nulla. La regia di Neugebauer è infatti qui votata soprattutto all’idea di far respirare i corpi negli spazi lasciando a essi il compito di dare significato alle scene: non ci sono particolari movimenti di macchina ed è tutto molto pacato, lento. Dentro questa fluidità oggettivamente liquida - le piscine e l’acqua sono un elemento ricorrente, così come le auto e le case - è quindi la Lawrence che detta ritmo e intensità, e pur essendo a suo modo magnetica risente del limite oggettivo che il suo personaggio parla molto poco ed è restìo a rivelarsi.

Questa idea di messa in scena lasciata agli interpreti, insieme a una fotografia votata alla semplicità - non ci sono mai inquadrature puramente estetizzanti - crea un’atmosfera nel film comunque molto definita e forte (ed ecco lo sguardo autoriale…), che purtroppo va tuttavia a smorzarsi nel momento in cui la storia procede con un’inerzia fin troppo accomodante.

Causeway riesce quindi a toccare corde molto profonde parlando di traumi e dell’idea di cura come qualcosa di reciproco (ci si cura solo stando insieme), ma lo fa solo per certi attimi. Ci si aspetta sempre qualcosa di più, si vuole andare ancora più a fondo negli animi di questi personaggi, eppure sembra che per la regista stessa questi siano un mistero non ancora ben decifrato.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Causeway? Scrivetelo nei commenti!

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