Cattivi vicini, la recensione

Su un canovaccio classico Nicholas Stoller con Cattivi vicini fa quel che sa fare meglio: raccontare una coppia che intraprende una battaglia, mescolando Project X e Superbad

Critico e giornalista cinematografico


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Nonostante il titolo, Cattivi vicini non prende di petto la mitologia dei "vicini di casa", cioè i nemici per antonomasia, gli opposti inconciliabili come in I vicini di casa (con Aykroyd e Belushi), ma sfrutta l'espediente delle residenze contigue all'americana per mettere in scena il conflitto generazionale (e d'età) di due gruppi sociali differenti: adulti in età da figli e universitari. La categoria umana che più di tutte ha bisogno di regole, inquadramento ed equilibrio (la famiglia con un membro appena nato) messa a contatto troppo stretto con la categoria che nella sua rappresentazione cinematografica simboleggia l'assoluta mancanza di regole e il divertimento più sfrenato. Una volta ci sarebbe stato un nerd contrapposto ad un quarterback, nel cinema (e nella società) di oggi invece i poli non sono realmente opposti, chi si trova a fare la parte del normativo (Seth Rogen e Rose Byrne) sono due persone che fino al giorno prima vivevano come i loro nuovi nemici e chi si trova nel ruolo più desiderabile è invece più mesto e triste di quel che non si creda.

Su questo spunto molto forte, quello dell'esigenza assoluta di fare festa senza un perchè, l'etica autolesionista del party pieno di eccessi che già Project X aveva sublimato alla grande (accennando marginalmente al tema di questo film, il fatto che anche i maschi adulti e più responsabili reprimano a forza e in modi diversi quest'istinto quando lo riconoscono), si inserisce una sceneggiatura goduriosa di O'Brien e Cohen diretta da Stoller (già sceneggiatore del riuscitissimo Dick & Jane - Operazione furto) che dimostra di sapere quali siano le corde che vanno toccate e con quali gag farlo.

Seth Rogen e Zac Efron sono proposti da subito come due facce di una stessa medaglia, potenziali amici tra i quali si frappone il fatto che uno dei due "deve" fare il padre di famiglia e per questo tradisce il vincolo di fiducia dell'amicizia, causando la guerra a suon di scherzi e inganni (gli adulti vogliono far cacciare i giovani dal vicinato, i giovani vogliono vendicarsi fino a farli desistere). E anche un finale inaspettatamente dolceamaro sembra echeggiare la grande svolta di Superbad, quella del nuovo sentimentalismo maschile.

Eppure in questo film apertamente sugli uomini, in cui a dominare è l'etica dell'amicizia virile (su l suo tradimento e sulla sua forza si giocano diverse svolte di trama) è la bravissima Rose Byrne a dare tempi e comandare, giocando su un'immagine per nulla facile: quella della neomamma che non ha assolutamente dimenticato come aveva vissuto fino a pochi anni prima. Anche lei sente forte il richiamo delle grandi feste, della dissoluzione attraverso il party, del ribellismo immotivato contro una generica forma d'autorità che però vorrebbe confinare solo in certi orari e certi momenti.

Come già in Dick & Jane - Operazione furto quindi anche questa coppia straordinariamente affiatata, in marcia come una macchina da guerra per il più assurdo degli obiettivi (far cacciare dei vicini), è un bellissimo complesso d'amore e anarchia, follia e sentimento d'appartenenza l'uno all'altro che non viene mai sbandierato a parole ma si percepisce in ogni inquadratura, in ogni sguardo in ogni piano portato maldestramente a termine (o no) insieme.

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