Castlevania (seconda stagione): la recensione

Le nostre impressioni sulla seconda stagione di Castlevania

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Spoiler Alert

A cura di Fabio Canonico

Se la prima stagione di Castlevania era risultata a conti fatti poco più che una piccola introduzione ecco che la seconda ne rappresenta la vera sostanza, allargando il cast dei protagonisti, mettendo in scena più linee narrative (e più intriganti) e, più in generale, dando veramente un senso al suo riferimento, la serie videoludica di Konami. Nei primi quattro episodi avevamo assistito alla preparazione di una storia, legata a un immaginario gotico consolidato ma a tratti generico, nei nuovi otto invece molteplici elementi ne strutturano un'identità più precisa, più particolare, più attinente al nome che porta.

Nonostante la funzione introduttiva della prima stagione questa seconda si concede occasionalmente il lusso di tornare indietro, soffermandosi ancora sulla genesi dell'odio che Dracula prova per la razza umana, sull'uccisione di sua moglie. Una scelta che lascia un po' interdetti, visto quanto già raccontato in maniera esaustiva in precedenza, ma non è la sola a suscitare perplessità nell'ambito di una gestione dei personaggi e delle loro vicende non sempre convincente. Sono vari i volti nuovi, di alcuni di essi si cerca di raccontare il passato e di collocarli in un ruolo all'interno della linea narrativa principale, ma il tentativo non è perfettamente riuscito: su tutti svettano i luogotenenti di Dracula, Hector e Isaac (noti agli appassionati del videogioco), due umani, due fedeli servitori, ma con caratteri e istanze diametralmente opposte, e la loro caratterizzazione è ottima; Carmilla, vampira della Stiria, si presenta fin da subito come alternativa a Dracula, ma le motivazioni che la spingono non sono ben chiarite; poi c'è Godbrand, altro vampiro della corte, un feroce vichingo, ma incapace di lasciare un segno nella vicenda.

È il rapporto tra Dracula e i quattro personaggi appena citati quanto più intriga lo spettatore per la maggior parte degli episodi. Forse Vlad Tepes è diventato pazzo, reso tale dalla stanchezza e dal dolore, una debolezza che Godbrand critica e che Carmilla vuole sfruttare; nel mezzo, Hector e Isaac, che reagiranno differentemente al tentativo di staccarli dal loro padrone. Si parla di lealtà e tradimento quindi nei dialoghi tra costoro, ve ne sono di notevoli, in particolare uno tra Dracula e Isaac, personaggio estremamente affascinante, e in uno tra Carmilla e Hector, il più tormentato degli attori. Molto della seconda stagione di Castlevania vive quindi sulla politica, più che sull'azione, sulla contrapposizione tra idee, piuttosto che tra forze.

Il motivo va ricercato anche nel relativo immobilismo che coinvolge il trio di eroi, venutosi a creare proprio nel finale della prima stagione. Trevor Belmont, Sypha Belnades e Alucard sono granitici nella loro convinzione di contrapporsi a Dracula, ma poco spazio gli viene dato per dare seguito, e quindi azione, al loro slancio. La linea narrativa che li vede protagonisti li mette in una situazione piuttosto statica, nella quale i due uomini (anzi, l'uomo e il dampiro) si beccano, e alla donna è affidato il classico ruolo di paciere. È proprio lei a fare più di tutti, per far sì che i due possano finalmente entrare in azione, ma si è arrivati già quasi alla fine, è quasi un frammento quanto viene affidato al cacciatore di vampiri e al figlio di Dracula (e la maga sarà ancora ben presente), ma quando si prendono lo scena lo fanno alla grandissima, in una battaglia che non potrà non provocare brividi di godimento agli appassionati della serie, fosse anche solo per il brano musicale che la accompagna, ad essi ben noto.

In una narrazione che quindi non dà mai l'impressione di essere particolarmente equilibrata, distendendosi troppo o contraendosi eccessivamente, non trattando nella maniera che ci si aspetterebbe determinati personaggi, trovano comunque collocazione una serie di momenti che la impreziosiscono e che ne definiscono l'identità: la scena della scoperta dell'archivo dei Belmont, ad esempio, è maestosa, in maniera intelligente mostra tutta una serie di oggetti che appartengono all'immaginario videoludico, una strizzata d'occhio ai giocatori ma anche un espediente narrativo, perché è tramite la loro scopera che Trevor inizia a prendere coscienza del proprio ruolo; ma anche i già citati dialoghi, la cui ricercatezza sostiene la componente meno dinamica della storia (ma che a tratti risulta fin troppo elaborata, ottenendo l'effetto opposto). Un impianto sostenuto da una tecnica apprezzabile, per quanto peculiare sia la direzione artistica (e nonostante le animazioni continuino ad essere di qualità altalenante), e da un doppiaggio convicente (soprattutto in lingua originale).

La seconda stagione di Castlevania è, in definitiva, la progressiva trasformazione da valida serie animata a produzione legata, ora sì, compiutamente, a un magnifico immaginario.

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