Cassandro, la recensione

Raccontando di una figura anti-convenzionale in una struttura convenzionale, Cassandro si avvale della sentita interpretazione di Gael García Bernal

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La nostra recensione di Cassandro, disponibile su Prime Video

C'è un evidente scollamento tra la storia che narra Cassandro e il film a livello generale. Le vicende sono quelle di Saúl Armendáriz, wrestler americano di origine messicana che decide di esibirsi come exótico, lottatore drag. Una figura già presente e sempre deputata a perdere gli scontri sul ring, che Saúl riesce invece a rendere vincitore e gradito al pubblico, tendenzialmente tradizionalista, ottenendo fama internazionale. "Hai cambiato l'immagine dell'exótico, sei stato una figura pioneristica per la comunità di wrestler gay", dirà poi un personaggio alla fine, riassumendo la sua parabola. Di immagine dunque si parla, termine che richiama il cinema, ambito verso il quale però l'impeto è assai meno dirompente: il biopic diretto da Roger Ross Williams non vuole infatti cambiare niente del genere di riferimento, aderendo ai suoi dettami più ricorrenti, anche nella sua connotazione legata all'omosessualità. Per lunghi tratti, l'effetto complessivo dunque è quello di una figura anti-convenzionale schiacciata da una struttura molto convenzionale.

Lo svolgimento del film propone infatti diversi passaggi consueti: l'iniziale difficoltà seguita dal successo (con tanto di sequenza a episodi che ne riassume velocemente la scalata), gli squarci sulla vita privata (l'amante con moglie e figli che non vuole lasciare la propria famiglia) sul panorama socio-politico (una fugace apparizione di migranti che sa tanto di contentino) e soprattutto sul trauma della non accettazione da parte del padre, fervente cattolico. Più interessante è l'ampio spazio dato alla madre del protagonista, che lo accetta e lo supporta, e la figura del suo allenatore, una donna energica in contrasto con tante figure maschili a cui siamo abituati a vedere in questi contesti (la interpreta Roberta Colindrez, vista in I Love Dick). Quello che più dispiace in fondo è come l'opera, nel cercare di essere più fedele al suo protagonista e alla sua storia, raccontata in tutte le sue sfaccettature, perde un po' di vista quello che sarebbe potuto essere il suo punto di forza: la rappresentazione delle scene di lotta, che risultano troppo anonime e frettolose.

Ma Cassandro conserva comunque dei fattori d'interesse. La prima è l'interpretazione di Gael García Bernal che ,senza strafare, aderisce mimeticamente al suo personaggio regalando momenti molto intensi. La seconda è data dal clima malinconico dell'opera, che prende in sopravvento in un finale che sembra guardare a quello di The Wrestler. Il ring come un luogo in cui riversare tutto se stesso e mettere a dura prova il proprio fisico, senza riuscire però risolvere le proprie questioni private. Cassandro sembra infatti non aver voluto assumere quel ruolo così importante per la comunità gay che, al di là degli elogi di facciata, non lo accoglie positivamente. Rimane così famoso e celebrato dai media, ma intimamente solo. Di fronte a questa prospettiva, l'unica via per lui è continuare a lottare, ma il successo ha un sapore amaro. Elementi non certo nuovi, ma che, inseriti in una conclusione azzeccata, ci permettono di entrare finalmente in sintonia col personaggio.

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