A Casa Tutti Bene, la recensione
Nonostante replichi molto di quello che ha fatto di Gabriele Muccino uno dei registi più riconoscibili in Italia, A Casa Tutti Bene è lo stesso un film complicato e ammirabile
Stavolta i Ristuccia si riuniscono per celebrare le nozze d’oro di mamma e papà, e lo fanno su un’isola in cui hanno una casa di proprietà. Già dall’inizio intuiamo la presenza di forti tensioni tra i familiari, ma il fatto inaspettato di dover rimanere sull’isola più del dovuto a causa del maltempo non farà che acuirle fino all’esplosione. Sono tantissimi i personaggi questa volta, ognuno interpretato da un attore o un’attrice importante, ognuno dotato di una sua storia personale e connessa alle altre. Anche solo iniziare un film così, spiegare al pubblico e mantenere chiari i rapporti di parentela che esistono tra i singoli personaggi (chi è fratello di chi? chi è ex moglie di chi? e chi è il cognato e da quale parte?) sarebbe un incubo per qualsiasi regista, senza contare poi dare adeguato spazio a tutti. Invece Muccino riesce a raccontare tutto senza passare per grandi spiegoni o voci fuoricampo salvifiche ma anzi come fossero informazioni che vengono a galla naturalmente, come l’avessimo sempre saputo.
Perché nonostante nell’astuccio di colori di Gabriele Muccino non ci siano pennini dalla punta fine, ma solo pennarelli a punta grossa, non significa che i suoi disegni vengano meno precisi. Lui, come pochi altri, riesce a lavorare con i segni marcati, le passioni esagerate, le grandi paure, le reazioni rabbiose e le grida di odio, mantenendo un controllo e un ordine che altri film più minimalisti si sognano. Ci vuole una capacità di raccontare e una padronanza del mezzo pazzesche per riuscire in questo, per non cedere un passo dalla messa in scena di tensioni titaniche o del mare in tempesta dei sentimenti, e riuscire lo stesso ad essere rigoroso nel racconto.
C’è insomma da rimanere ammirati questa volta dalla complessità del tentativo di Muccino e da come lavori in scrittura, sul set e in fase di montaggio, anche se alla fine approda lì dove è già approdato in passato, arrivando alle medesime conclusioni nelle medesime maniere.