Carter, la recensione

Carter è un film sinceramente memorabile per l’esperienza cinematografica che offre: libero, creativo e con tanta, tantissima voglia di fare dell’ottima azione

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La nostra recensione di Carter, su Netflix dal 5 agosto

Per come è stato pensato e poi magistralmente realizzato, Carter di Byung-gil Jung potrebbe essere già un cult movie: due ore e quindici di puro piano sequenza (ma non purissimo, c’è il montaggio invisibile), uno storytelling da videogioco in prima persona, scene d’azione epiche e un intrigo internazionale tra le due Coree e gli USA che farebbe impallidire anche i produttori più coraggiosi. Ah, c’è anche un virus letale che sta sterminando la popolazione.

La storia è proprio quella di un videogioco e come tale si inanella non solo la narrazione ma la stessa spazialità del film: risvegliatosi in una stanza d’albergo senza memoria e circondato da agenti della CIA, Carter (Joo Won) viene guidato da una voce misteriosa che gli dice cosa fare e dove andare, con il compito finale di trovare il dottore Jung e la figlia che sono scomparsi nella Corea del Nord e che, una volta raggiunti, potranno svelare i segreti del vaccino contro la DMZ (un virus che rende forti e altrettanto violenti). In una guerra di potere tra Stati, Carter viene mosso come una marionetta, spinto a muoversi tra le ambientazioni più disparate esplorando livelli d’azione e sotto-missioni dove per sopravvivere bisogna saper lottare come James Bond (quello di Craig, ovviamente).

Sulla messa in scena a Carter non si può rimproverare davvero nulla: sebbene il ritmo esagitato potrebbe far venire il voltastomaco agli spettatori meno preparati, l’effetto è glorioso e Byung-gil Jung dimostra di sapere controllare con mano fermissima anche le scene più esagerate. I mezzi di trasporto dell’action ci sono tutti: macchine, treni, elicotteri, aerei… E le ambientazioni pure, tra palazzi abbandonati (esplorati in tutti i loro livelli), boschi, laghi, metropoli, campagna aperta…

In tutto questo tripudio del visibile in cui la macchina da presa plana, si avvicina, si sporca di sangue (proprio come nei videogiochi quando il personaggio viene ferito) e si ferma giusto il tempo di fare un respiro profondo, forse è proprio il cuore della storia a venire meno. L’intento chiaro è quello di parlare in modo non troppo velato (anzi, spesso non si usano mezzi termini) dei rapporti tra le due Coree, dell’essere nordcoreani che vogliono essere liberi e sudcoreani che vogliono farsi colonizzare dagli americani. C’è ben poco moralismo, solo un crudo realismo che è tuttavia talmente asciutto e sporcato d’azione che, giunti al cuore tenero della vicenda familiare, si fatica parecchio a trovare l’empatia che serve per commuoversi come il film vorrebbe.

Nonostante ciò Carter è un film sinceramente memorabile anche solo per l’esperienza cinematografica che offre: libero, creativo e con tanta, tantissima voglia di fare dell’ottima azione.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Carter? Scrivetelo nei commenti!

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