Carlo il cane, la recensione

Abbiamo recensito per voi la raccolta integrale dell'opera Carlo il cane di A.B. Frost, proposta in un unico volume da Castelvecchi Editore

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Arthur Burdett Frost, nato a Philadelphia nel 1851 fu un artista assolutamente poliedrico nel corso della sua vita: nel campo dell'arte visiva, Frost si occupò di un po' tutto, dalla litografia, alla pittura, all'incisione su legno, fino a divenire uno degli illustratori delle principali riviste letterarie degli Stati Uniti d'America di fine XIX secolo. Ma, fra le tante cose, Frost fu uno dei precursori di quello che un giorno sarebbe stato chiamato fumetto, e che al tempo aveva il meno specifico nome di disegno narrativo.

Prova più matura dell'autore, in questo senso, è sicuramente la raccolta intitolata Carlo il cane (1913). Questa vede come protagonista un cane di grossa taglia, dall'aspetto spelacchiato e vessato, che viene adottato da una delle tante famiglie che abitavano le campagne statunitensi di fine Ottocento. Il povero Carlo ne combinerà di tutti i colori, subendo le punizioni (talvolta giuste, molto spesso meno) del giardiniere Patrick. Alla fine della storia, però, avrà luogo un vero e proprio riscatto morale per il protagonista.

Non spetta certo a questa recensione il compito di testimoniare il talento artistico di A.B. Frost. Per far ciò basti guardare alle sue 400 incisioni su legno che compongono Out of the Hurly-Burly, o alle sue illustrazioni di circa 90 libri (l'artista fu chiamato personalmente da Lewis Carroll per illustrare la raccolta di poesie Rhyme? And Reason?).

Il preziosismo di un'opera come Carlo il cane si manifesta sotto duplice veste. Da un lato c'è l'incredibile lavoro di ricerca e innovazione che Frost investì nell'arte illustrata, che dopo di lui non fu più la stessa (fu uno degli ispiratori di Winsor McCay). In primis, il disegno a mano libera su carta assumeva grande importanza, dovendo concentrarsi sul punto di fuoco principale su cui far cadere l'occhio del lettore, senza perdersi in inutili dettagli, visti da Frost come mero e sterile virtuosismo. Inoltre, l'artista si concentrò molto sul dinamismo delle proprie scene che dovevano raccontare una sequenza, quasi come si trattasse di un flip book, descrivendo una sorta di "curva di attivazione", che doveva dare l'idea del divenire pagina dopo pagina. Questa tecnica fu raffinata anche grazie a un uso delle ripetizione di elementi comuni (statici) entro una scena, così da dare maggiore risalto a quegli altri elementi (dinamici) che cambiavano di vignetta in vignetta, quando si metteva in moto l'azione.

Dall'altro lato, Carlo il cane è un vero e proprio documento illustrato che ci offre un preciso e oggettivo spaccato di quella che era la vita nelle campagne degli USA di fine '800, in un clima ancora dickensiano, nel quale la popolazione borghese che abitava in città vedeva le campagne come un luogo di arretratezza, soprattutto culturale.

In conclusione, la raccolta di Carlo il cane proposta da Castelvecchi Editore rappresenta un prezioso volume che racchiude al suo interno un pezzo di Storia del fumetto, in un'epoca nella quale la Nona Arte era ancora in fase embrionale.

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