Caput Mundi – I mostri di Roma 1: Città di lupi, la recensione

Abbiamo recensito per voi Città di lupi, il primo capitolo della miniserie Caput Mundi - I mostri di Roma

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Gli albori dell'Universo Cosmo hanno fatto capolino in edicola lo scorso 21 settembre con il primo dei sei numeri della miniserie Caput Mundi – I mostri di Roma. È un progetto ambizioso quello di Editoriale Cosmo: creare una realtà narrativa coerente, comune e coesa, costruita sulla figura di Pietro Battaglia.

Il tutto nasce da un'idea di Roberto Recchioni,- creatore insieme a Leomacs del vampiro siciliano - tesa a popolare l'odierna Roma di mostri tratti dall'immaginario collettivo, via via alimentato dalla letteratura e dal cinema horror. L'Urbe diventa il contesto imprescindibile dove farli muovere e scontrare in una spietata e sanguinaria lotta di potere in cui sembrano coinvolti anche esponenti delle istituzioni. È il miglior lascito delle avventure di Battaglia.

Così ci inoltriamo nella guerra tra bande criminali al vertice, come quella dello Sceriffo, e di organizzazioni che vogliono emergere, come quella del Nero, dell'Inglese e di Bimbo, oppure quella di Greta, Ciccio e Topo. Ma vi sono forze in campo - umane e metaumane - che tirano le fila come burattinai, e i protagonisti di questo albo, intitolato Città di lupi, sono le loro marionette.

Molto accattivante la parte grafica del volume, a partire dalla copertina di Marco Mastrazzo. Colpisce per intensità, tecnica e stile Pietrantonio Bruno, classe 1996. Il disegnatore pugliese appare titubante in alcuni momenti e non riesce a garantire la stessa qualità in ognuna delle centoquaranta tavole, ma se sono questi i presupposti, ci troviamo di fronte a un talento da tenere d'occhio con attenzione.

Michele Monteleone e Dario Sicchio, responsabili dei testi, scavano nelle pieghe più raccapriccianti, oscene della Capitale e contestualizzano con mestiere un soggetto poco originale, per non dire abusato; decisamente più valida è la loro sceneggiatura, drammatica e brillante, cinematografica ed estremamente cruda. Nella prima metà del fumetto, in verità, si dà ampio spazio - forse troppo - alla componente crime della trama, perdendo di incisività; ma la riabilitazione avviene nella seconda parte, quando si chiude un lungo flashback e si torna al presente con esplosioni splatter e colpi a effetto, anche se il cambio di ritmo decisivo avviene con l'entrata in scena di Battaglia.

Questo ci è parso il punto di forza e al contempo la debolezza della storia: Caput Mundi doveva introdurre personaggi inediti capaci di catturare il lettore con le proprie forze; qui, invece, la vicenda deve reggersi ancora sul cinico succhiasangue di Recchioni e Leomacs, e pare non possa farne a meno.

Città di Lupi, più che uno spin-off di Battaglia, assomiglia a un episodio della sua saga. Tuttavia, è prematuro avanzare conclusioni e giudizi. Diamo tempo e possibilità ai prossimi appuntamenti di farci entrare appieno nell'Universo Cosmo.

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