Captain Volkonogov Has Escaped, la recensione
Nella Russia comunista un uomo cerca espiazione trovando solo altre pene, Captain Volkonogov Has Escaped è un gioiellino
Un bel film tutto di corsa, in cui capire cosa è accaduto e cosa sta accadendo tra un scatto e l’altro, tra un inseguimento e un nascondiglio precario. Captain Volkonogov Has Escaped è un’operazione di memoria storica condotta come un film d’azione che per raccontare le vittime delle pratiche disumane del regime sovietico passa dalla passione di un carnefice. È per l’appunto il capitano del titolo, membro delle forze di sicurezza, ovvero un coacervo di uomini virili che girano a petto nudo negli uffici, con uniformi colorate e anfibi, giocano a pallavolo in interni da Russia zarista (immagine eccezionale per raccontare cosa sia successo e quale sia il clima) e che ha una terribile crisi di coscienza dopo aver visto gli spettri dei suoi compagni avvertirlo che lo aspettano all’inferno.
Il capitano è effettivamente una scheggia impazzita, recupera una lista dei parenti delle persone che hanno rapito, interrogato, picchiato fino a fargli confessare cose false e va in cerca di loro per spiegargli che non è vero, che i loro parenti scomparsi non sono traditori. Tutto con il resto dei suoi compagni alle calcagna. L’idea geniale è che questa disperata ricerca di un perdono non arriva mai, perché le persone non gli credono, pensano sempre stia facendo il doppio gioco per incastrarli come collaboratori dei parenti in galera.
Non ci poteva essere attore migliore di Yuriy Borisov, imposto all’attenzione del mondo con Scompartimento n.6 a Cannes e di nuovo qui a Venezia in un ruolo protagonista in cui splende.
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