Captain Phillips - Attacco in mare aperto, la recensione
Dopo United 93 Paul Greengrass si conferma l'unico regista in grado di mettere in scena il ruolo dell'America nella geopolitica contemporanea attraverso il racconto di eventi particolari...
Ricostruire gli eventi che hanno tenuto il capitano Phillips ostaggio dei pirati somali e quindi, più in grande, la situazione nei mari di quella zona del mondo e quindi, ancora più in grande, il rapporto tra una parte di pianeta (l'America) e un'altra (l'Africa) facilmente posizionabili agli estremi di qualsiasi spettro, non era un compito facile. Esigenze patriottiche e rispetto della realtà (inevitabilmente parziale, nessuno ha chiesto ai pirati la loro versione) che si mescolano in un film che ha nella parte dei cattivi le persone più indifese e ingenue che si possa immaginare: uomini pelle e ossa, vestiti di stracci che imbracciano mitra contro 3 portaerei piene di militari americani.
E' possibile ipotizzare che se qualcuno fosse stato presente durante gli eventi reali avrebbe visto degli uomini sbrigativi, spicci, spaventati e violenti come i pirati somali rappresentati in Captain Phillips, ma il film fa un salto in più e oltre a mostrare questo cerca anche di suggerire che esiste qualcos'altro, dietro quest'atteggiamento da villain del cinema, c'è (letteralmente) un altro mondo.
Sono i corpi (brutti come pochi se ne vedono al cinema), le parlate, i fisici magri al di là di quel che solitamente vediamo a parlare più di tutti. Se la sceneggiatura di Billy Ray, che adatta la versione del capitano, mette in luce il pragmatismo militare, l'efficienza statunitense, il coraggio di Phillips e la dedizione del suo equipaggio, sono le immagini di Greengrass a dire tutto il resto, ovvero quello che conta.
L'efficienza militare diventa disumana precisione (si passa dalla vita alla morte in un attimo, senza nessuna epica), la praticità bellica diventa una ragione di stato invisibile, ordini provenienti da persone che non vediamo e il coraggio del capitano e del suo equipaggio (tra cui Tom Hanks si erge titanicamente, ma l'impressione è che sia anch'esso "usato" da Greengrass contro le proprie intenzioni), tutti pasciuti, furbi e dotati della conoscenza necessaria a prevedere gli eventi, diventano quasi uno sguardo paternalistico sulle vite di questi disperati aguzzini dai piedi scalzi che crederebbero a qualsiasi cosa e non possono che finire schiacciati da uno spiegamento sovradimensionato.