Captain Phasma #1, la recensione
Abbiamo recensito per voi il numero #1 della miniserie Captain Phasma, di Thompson e Checchetto
Parliamoci chiaro: raccontare una storia su Phasma è quasi come lavorare su una tabula rasa. Gli elementi che fornisce la pellicola cinematografica originale sono pochissimi, se si eccettua una glaciale efficienza nell’eseguire gli ordini ricevuti e una fedeltà per ora indiscussa al Primo Ordine. Questo è un bene e un male allo stesso tempo, dal momento che offre al team creativo un buon margine di libertà d'azione nel lavorare sul personaggio, magari - come spesso accade per i comprimari di Star Wars - andando a fornire complessità, spessore e approfondimento a ciò che il film nei suoi tempi limitati non può concedere (basti pensare al culto smisurato che ha sviluppato negli anni la figura di Boba Fett, che beneficia di tempistiche e approfondimenti non troppo dissimili da quelli di Phasma).
Poste queste premesse, il primo numero di Phasma si concentra su alcuni aspetti di caratterizzazione e di trama tralasciandone altri. Le scelte sono indicative dell’approccio adottato dalla Thompson per il personaggio, leggermente atipiche ma molto intriganti. La fuga dal compattatore di rifiuti è ridimensionata a un “non problema”, presentandoci il capitano di nuovo in azione fin dalle prime tavole. Tutto il primo numero è ambientato nel caos che precede la distruzione della Base Starkiller, ambientazione che oltre ad aggiungere una sensazione latente di frenesia e di pericolo incombente consente a Marco Checchetto di cimentarsi in diverse visuali mozzafiato e scene d’azione che sfruttano al massimo la scala titanica della base prima e le distese innevate dell’esterno del pianeta poi.
Poche pennellate che proiettano tuttavia un ritratto intrigante del personaggio, proiettato a proteggere e a “difendersi” da ogni possibile minaccia al suo status quo, anche mentre esplode letteralmente l’apocalisse attorno a lei (non è un caso che il suo tratto più distintivo sia un’armatura impenetrabile, supponiamo). Per ora, il Tenente Rivas, bersaglio della caccia all’uomo, riesce a dileguarsi dalla Base Starkiller e Phasma assieme a lei. L’inseguimento è probabilmente destinato ad accompagnarci per il resto della miniserie e il suo esito appare - salvo sorprese - abbastanza segnato.
Abbiamo già fatto parola dell’efficacia delle illustrazioni di Marco Checchetto nelle visuali d’insieme della Base Starkiller: l’ottima prova grafica si conferma anche nelle scene d’azione, dove il taglio cinematografico e i continui “cambi di inquadratura” da cacciatore a preda trasmettono con energia la frenesia dell’inseguimento.
Emerge una leggera perplessità sull’uso dei colori di Andres Mossa, vivaci e a toni chiari in numerose scene, quando forse qualche tonalità cupa in più avrebbe contribuito a rendere le atmosfere oscure degli interni e gelide degli esterni della Base Starkiller, ma si tratta di un dettaglio di poco conto e puramente ascrivibile ai gusti personali.
Verdetto finale: è chiaro che ci troviamo di fronte a un’avventura godibile ed intrigante, non fosse altro perché vissuta esclusivamente attraverso gli occhi di un villain, esperienza rara nell’universo starwarsiano. È lecito abbassare le aspettative in termini di incisività sull’economia globale del personaggio: difficilmente vedremo rivelazioni sconvolgenti o drastici cambiamenti nello status quo di Phasma, ma accompagnarla e studiare quei barlumi di peculiarità (è presto per usare il termine “umanità”!) che traspaiono dalla situazione anomala in cui la distruzione della Base Starkiller la pone promette di essere un’esperienza di lettura piacevole e intrigante.