Captain Marvel, la recensione del film

Abbiamo recensito per voi Captain Marvel, il primo film Marvel Studios con una donna come protagonista

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Ha pagato ancora una volta la scommessa classica dei film Marvel, ovvero coinvolgere in pellicole di genere, d'azione, di super eroi dei registi che hanno uno sguardo diverso e fuori dal coro? La risposta è sì, perché Captain Marvel, affidato alla coppia formata da Anna Boden e Ryan Flack funziona e lo fa soprattutto perché non è il classico film di super eroi, pur aderendo con precisione alla formula tipica dei Marvel Studios: attenzione al personaggio, umorismo e grandi scazzottate.

Vers è una potente guerriera dell'armata Kree, in guerra contro i malvagi Skrull, una razza crudele, composta di infidi mutaforma in grado di replicare altri esseri viventi fino a duplicarne il DNA. Gli Skrull minacciano l'ordine imposto dai Kree e i confini del loro impero, e Vers non desidererebbe altro che combattere contro la razza degli odiati nemici. Ma l'Intelligenza Suprema, che guida l'impero di Hala, mondo nativo e capitale dei Kree, tiene Vers in panchina perché non appartiene alla razza e non è pienamente in possesso delle sue incredibili facoltà. Nonostante abbia il singolare potere di incanalare attraverso il proprio corpo raggi e fasci di fotoni, infatti, la ragazza è vittima di amnesia.

Non sa chi fosse prima di un certo incidente, non conosce il proprio nome, tranne quello che le è stato dato dopo che fu ritrovata e salvata e, soprattutto, non è in grado di tenere a bada le proprie emozioni. I Kree sono una razza fredda, razionale, efficiente. Lei non è una di loro, è umana, come presto scopriremo, e la sua emotività è un disturbo. Come dimostra la sua prima missione ufficiale, che la porterà a contatto con gli odiati Skrull, causa del suo incidente e della perdita della sua memoria, e la trascinerà sulla Terra, dove avrà l'occasione di riconnettersi alle proprie radici, facendo scoperte sorprendenti sulla propria storia e sul proprio scopo nell'universo.

Avete mai visto un film di super eroi in cui la parte "super" deve riconnettersi a quella umana, soprattutto in un film di origini? A memoria, non è accaduto granché. Ed invece è proprio la chiave affascinante di Captain Marvel, che ci mostra una donna a cui l'autorità vorrebbe insegnare come essere eroica e come mettersi al servizio della giustizia, proponendole un'idea prefabbricata della retta via e spingendola a rinunciare a ciò che ci rende umani e ci definisce: le emozioni, il passato, l'ammirazione per gli esempi che ci hanno forgiato, la capacità di fallire e poi tornare a provare. Un'ottima prospettiva, che ribalta il concetto classico di storia delle origini, che solitamente ci mostra, cronologicamente, l'uomo comune che diviene eroe, che diventa simbolo, che accede al potere. Carol Danvers è già dotata di poteri e costume, ciò a cui deve accedere è identità, è umanità.

Lo farà in un film che fa del ribaltamento delle premesse quasi una norma. Non solo perché c'è una donna sotto i riflettori, cosa che viene giustamente messa in mostra grazie a un cast quasi tutto al femminile, in certi momenti forse anche esagerando - seppur emozionando chi vi scrive e il suo animo femminista in almeno in un paio di scene - ma perché la trama è costruita per sorprendere e riesce nell'intento, salvandoci peraltro dai presentimenti un po' sinistri dei primi minuti, non proprio i più solidi, con un crescendo emozionale e narrativo che spinge forte verso il classico punto di svolta di ogni origine supereroistica: la presa di coscienza dell'eroe di fronte al proprio nemico, il riconoscimento della propria funzione e della propria missione, l'agnizione di se stessi che dà potere agli individui. Il tutto rafforzato dal fatto che è una donna, la protettrice e salvatrice della Terra, in questo caso. E che ci arriva come donna. Non sfuggiranno ai più attenti gli echi sociali di questa storia. Mai urlati. Entusiasmanti, per quanto ci riguarda. A volte un pochino forzati in termini di caratterizzazione di alcuni personaggi.

Femminile è anche la colonna sonora, che colpisce come una lama il cuore di noi gente cresciuta negli anni Novanta. Garbage, Hole, No Doubt... non potevamo che trovarci sul ciglio della poltrona in certi momenti. Affondati. Complimenti. Complimenti a un film che funziona pur avendo qualche difetto non ignorabile. Abbiamo già detto della messinscena della primissima parte. Non possiamo sorvolare su un umorismo che, almeno in doppiaggio italiano, risulta a volte forzato e non proprio centrato.

La coppia comica composta da Nick Fury e dal gatto (?) Goose funziona a singhiozzo. Le citazioni evidenti del cinema muscolare anni Novanta e delle abitudini alle battute one liner sono un'idea notevole, tradotta solo in parte in divertimento compiuto. E, spiace dirlo, Brie Larson è mediamente antipatica per quasi tutto il film. Nei pochi momenti in cui sorride ci si rimane quasi male. Ha perfettamente senso nel percorso del personaggio, ma in alcuni momenti ha pesato.

Il risultato? Un film più che buono, con alcuni momenti davvero entusiasmanti, con un omaggio iniziale a Stan Lee da lacrimuccia e un cammeo dello scomparso sceneggiatore che farà la gioia dei cinefili. Captain Marvel è un film di origini, ma soprattutto di formazione, un cinecomic in cui c'è un'eroina tosta, tosta in quanto donna e non nonostante sia donna, che ci intrattiene senza essere ingenua. Un film con un ritmo che non annoia mai, con svolte di trama ben congegnate e anche con qualche difetto, dovuto a volte a un eccesso di zelo tematico. Divertente e appassionante. Gli auguriamo il successo che merita pur nella sua svantaggiata posizione: quella di raccordo tra le due parti dell'epopea Avengers.

E aguzzate gli occhi, fumettofili, o vi perderete l'apparizione speciale di Kelly-Sue DeConnick. Il suo ciclo di storie è giustamente madre spirituale di questo film. Vederla nella pellicola è stata una gioia.

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