Capitan America: Civil War, la recensione

Impeccabile ma privo di personalità, Capitan America: Civil War replica tutto il già visto e convince a tratti, specie con l'introduzione dell'Uomo Ragno

Critico e giornalista cinematografico


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Non fosse per il ruolo che ha Bucky Barns e per la maniera in cui il film approfondisce il rapporto tra lui e Steve Rogers, Captain America: Civil War potrebbe tranquillamente rientrare nel canone dei film degli Avengers per come, a tutti gli effetti, si tratta di un’opera corale che porta avanti la trama del gruppo di eroi e soprattutto per quanto spazio è dato a Iron Man, tradizionalmente il volto del team. Di ciò che aveva caratterizzato i film di Capitan America (ovvero la sporcatura di genere cinematografico dal war movie allo spionaggio) non c’è nulla, anzi, Captain America: Civil War si attacca direttamente ad Avengers: Age of Ultron e ne potrebbe essere il proseguio diretto in tutti i sensi.

In due ore e mezza questo film racconta molto e si attacca a tutto, dai film futuri (Pantera Nera) alle serie tv (Agent Carter), introduce nuovi personaggi ma non sempre si muove con originalità. I fratelli Russo non sono nè Joss WhedonJon Favreau, si appoggiano eccessivamente a tutto il già visto e solo a tratti (specie da metà in poi) trovano quell’eccitazione spensierata che è l’asso nella manica del cinema Marvel, troppo a lungo annegato in arrovellamenti incupiti.

Captain America: Civil War unisce, separa, riunisce e risepara più volte i personaggi confondendo le acque sulla solidità del concetto alla base dell’idea degli Avengers. Con questo espediente introduce l’asse portante del ragionamento che la Marvel sta facendo al cinema, cioè il senso di tutto quest’eroismo. Ancora una volta è ben chiaro che i problemi nascono perché esistono i supereroi, non c’è dubbio su chi è venuto prima tra l’uovo e la gallina, lo si dice a chiare lettere: non esistevano minacce sovrumane prima che gli eroi entrassero in azione. Confermando che quest’idea del desiderio di sicurezza e di proteggere che crea molti più problemi di quanti non ne risolva è l’unica costante di tutto il cinema supereroistico, Marvel, DC o altro.

Se però c’è qualcosa che Captain America: Civil War mette in evidenza è quanto lo schema del cinecomic Marvel mostri chiari segni di stanchezza

Se però c’è qualcosa che Captain America: Civil War mette in evidenza è quanto lo schema del cinecomic Marvel mostri chiari segni di stanchezza. Come la grande serie tv che è, il Marvel Cinematic Universe è fondato su un’omogeneità di tagli di montaggio, fotografia, recitazione e sequenze d’azione (possibile che TUTTI gli scontri siano identici?!). Questo all’inizio ne ha fatto la fortuna ma sempre di più affossa i film. Non solo quando non è risibile (e ogni tanto capita) la trama di Captain America: Civil War è prevedibile, cosa che ancora andrebbe bene, ma è prevedibile anche l’azione, le mosse, le dinamiche a due o tre! Ciò che impressionava e intratteneva comincia a farlo sempre meno e la sensazione che i film individuali, quando un po’ più divergenti, originali, liberi e pensati su altri standard, siano molto migliori di queste corazzate è forte. Basta pensare ad Ant-Man, qui molto meno inventivo di quanto non fosse nel suo film, e soprattutto basta vedere cosa accade quando è in campo il nuovo Uomo Ragno, di gran lunga la cosa migliore di tutto il film.

Quello di Sam Raimi è stato un Uomo Ragno perfetto, questo però è quello originale. La Marvel, non a caso, centra perfettamente il tono, il personaggio e il setting, ed è così rinfrescante vedere qualcosa di diverso che non appena Peter Parker è fuori scena si desidera un suo ritorno (il che non è un bene per il film). Più giovane di tutti in questo film l’Uomo Ragno è guardato come un ragazzino, è la sua caratteristica e il tratto intorno al quale viene concepito. Adolescente lo è sempre stato, in tutte le sue versioni, ma qui è messo a paragone con gli altri di continuo ed è l’unico a distinguersi realmente con battute, dialoghi e un punto di vista divergente su quel che accade. In precedenza era la funzione di Tony Stark, quella che però al sesto film non può più avere, perché qualsiasi originalità dopo un po’ non è più tale. Non solo, Peter Parker qui è finalmente quel che il personaggio nasce per essere e quando entra in scena è anche evidente che è esattamente quello che manca a Civil War: qualcuno dotato di personalità.

In questo film impeccabile, pieno di eventi, personaggi, sentimenti, azione e anche momenti di onesto umorismo, si sente dunque troppo la stanchezza di uno stile e un genere portati avanti allo sfinimento. Ogni piccola variazione e novità sembra una boccata d’acqua fresca in un deserto di abitudine e rende evidente come a questo film Marvel manchi proprio quello che spesso ha reso memorabili i singoli film dei singoli personaggi: il carattere.

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