Cannibal Family 17: Siamo quello che mangiamo, la recensione
Cannibal Family 17 propone convincenti declinazioni Ink del thriller, dell'horror e dell'action
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Dopo lo sconcertante Death Race, l'attesa dei fan della Famiglia Petronio viene ampiamente soddisfatta dal diciassettesimo numero di Cannibal Family, pubblicato da Edizioni Inkiostro. Siamo quello che mangiamo contiene il prosieguo delle tre linee narrative principali dell'albo precedente, che sostanzialmente rappresentano la declinazione Ink del thriller, dell'horror e dell'action.
Jacopo Masini ed Ester Cardella ci svelano nuovi raccapriccianti eventi nella seconda parte di Cannibal 1033, ambientato quasi mille anni fa in un paese dell'appennino tosco-emiliano straziato dalla carestia. Continua la disperata ricerca di cibo della puerpera ridotta pelle e ossa, che tenta di calmare il proprio tormento e quello del figlioletto di alcuni mesi ricordando aneddoti e leggende legate al cannibalismo (assai curiosa quella su San Nicola). L'oscuro abisso della vicenda portante si intreccia fino a confondersi e annullarsi in quello delle storie narrate, conducendoci al macabro e grottesco epilogo che infiamma le aspettative per quel che verrà. Il soggetto, ideato e sviluppato da Masini e interpretato graficamente in maniera stupefacente dalla Cardella, è deliziosamente scioccante.
Cannibal Family 17 è impreziosito da un'erudita disquisizione del professor Aristide Saggino (già intervenuto sul numero 15) in merito all'insolubile e indispensabile dicotomia tra bene e male. “Noi sublimiamo, Alfredo non sublima, agisce”, sottolinea l'accademico, spiegando come questo singolare antieroe incarni la furia che tutti noi proviamo davanti agli orrori del mondo e vi risponda con una violenza animalesca e ancestrale, sporcandosi anima e mani al posto nostro per saziare la brama di vendetta.
Se Tex incarna il lato luminoso e puro della sete di giustizia dei lettori italiani, Alfredo Petronio ne rappresenta quello più oscuro e inquieto, parimenti necessario al giusto equilibrio interiore. Per questi motivi, siamo certi che la testata principale che ospita le sue gesta riscontrerebbe il favore del pubblico se acquisisse una periodicità più serrata.
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