[Cannes] The We and the I, la recensione

Michel Gondry produce e dirige un piccolo film totalmente ambientato all'interno di un autobus, nel Bronx. Un esperimento interessante e poco più…

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Fra The Green Hornet e Mood Indigo, il suo prossimo atteso film con protagonista Audrey Tautou, il regista Michel Gondry ha trovato il tempo di dirigere una piccola pellicola indipendente intitolata The We and the I, di cui talmente poco si è parlato che in molti ne ignorano del tutto l'esistenza.

Presentato in anteprima a Cannes alla Quinzaine des Realisateurs, il film si conferma come un'opera minore del regista, un film quasi sperimentale che non ambisce a diventare mainstream, ma che purtroppo non può ambire nemmeno a diventare un piccolo cult indie come L'arte del sogno. A Gondry va dato il merito comunque di dedicarsi con passione ai propri progetti personali (gli unici a cui, egli dice, tiene davvero), che scrive, dirige e produce da solo.

L'esperimento è questo: un film totalmente ambientato all'interno di un autobus, dove gli studenti di una scuola del Bronx salgono per tornare a casa dopo l'ultimo giorno di scuola. Man mano che il viaggio prosegue, la situazione iniziale di cameratismo - che vede i bulli in fondo al bus prendersela con gli "sfigati" davanti - lascia spazio ai rancori e alle cose non dette, e mentre gli studenti scendono fermata dopo fermata emergono i drammi individuali dei ragazzi, e il singolo rivela ciò che è al di fuori dal gruppo.

Un concept che viene dilatato per oltre 100 minuti, decisamente troppi se consideriamo che già il titolo dice tutto. La narrazione è totalmente costruita dai dialoghi, e se molti passaggi sono ben orchestrati, buona parte del merito va ai giovani attori non professionisti, non sempre perfetti ma ben diretti. Peccato che Gondry sembri più interessato a tenere le fila di questo complesso sistema di relazioni, come in uno dei suoi giochi a incastri, che a costruire personaggi interessanti e storie a cui appassionarsi.
Anche i continui rimandi a Youtube e ai social network, una componente essenziale e immancabile in una storia che vuole raccontare il mondo dei giovani dall'interno, dopo un po' iniziano a stancare.

Esperimento interessante e poco altro, quindi, più complesso di quel che sembra ma solo nella forma, un film che soffre la mancanza di uno sceneggiatore più avveduto, e ancora una volta ci fa pensare che (almeno) metà dei meriti di Se mi lasci ti cancello fossero da attribuire a Charlie Kaufman.

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