[Cannes] Il debutto di Plan B alla regia: ill Manors, la recensione

Il rapper inglese alle prese con il suo primo lungometraggio con la shooting star Riz Ahmed come protagonista...

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L’anno scorso è stato il vincitore di un Brit Award, ha cantato con Elton John e ha piazzato parecchi singoli ai primi posti di molte classifiche discografiche.

Quest’anno Plan B ha deciso di presentarsi anche come regista e lo fa con un film da cui sarà tratto anche il suo prossimo, ed omonimo album, ovvero ill Manors (dal nome del parco Manor di Londra). In relatà Ben Drew (questo il suo vero nome) è vicino al cinema da tempo: ha preso parte da attore a ben sei film dal 2008 ad oggi e aveva già girato, da regista, un corto nel 2008 più tre videoclip. III Manors però è un film nel vero senso della parola, verrà distribuito in Inghilterra il prossimo sei giugno ed ha come protagonista una delle star emergenti del cinema britannico, quel Riz Ahmed già protagonista recentemente di Four Lions e Oro Nero.

Siamo a nord est di Londra, in uno dei quartieri dalla più forte immigrazione asiatica della città. E’ qui che ha vita una città nella città, a partire dalla criminalità che ha i suoi boss, le sue regole, le sue mezzetacche e le sue vittime innocenti. La storia si dipana coralmente, seguendo le vite di molti degli abitanti della zona, passati, presenti, errori, aspirazioni e, in molti casi, tragici epiloghi. Non c’è spazio per la compassione, la cattiveria vive di proprietà commutativa, ciò che si dà torna indietro, la vittima diventa carnefice e viceversa, tutto all’interno di un circolo vizioso che sembra non avere fine.

Una struttura del genere, del resto, si presta perfettamente all’obiettivo di Plan B di raccontare ognuna delle storie presentate anche attraverso una delle canzoni del suo nuovo album. “Ho prima scritto il film e poi, partendo da questo, mi sono dedicato alle canzoni” è stata la risposta che ha dato a chi gli ha chiesto del suo processo creativo. C’è da credergli. I testi sono quantomai calzanti con quanto appare sullo schermo e, seppure la regia del film sia “da videoclip”, ogni personaggio ha una sua profondità narrativa.

The Guardian ha parlato della canzone che dà al titolo al film, ovvero iII Manors, come una delle più garndi canzoni di protesta della storia musicale degli ultimi anni”, peccato però che entrando nel merito del film, per quanto il tentativo sia quello di raccontare la violenza che tutti i giorni carattereizza alcune periferie delle grandi città, sia i dialoghi che alcune sequenze risultino troppo esagerate per apparire reali e credibili. Il risultato è un Lock And Stock senza ironia, grottesco e basta. E va bene le belle musiche, ma quello al cinema interessa poco quando manca la sostanza.

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