[Cannes] Holy Motors, la recensione
Il film con Kylie Minogue ed Eva Mendes, che ha diviso e fatto discutere, si rivela molto meno interessante di quanto il dibattito non lasciasse credere...
Considerato l'osservato speciale del festival, osannato dal pubblico accreditato a suon di applausi ma terribilmente segnato da un linguaggio e scelte espressive che sembrano uscite dai peggiori anni '70, Holy Motors è un film non lineare che su un canovaccio semplice (un uomo viaggia per parigi in una limousine e ogni volta che scende interpreta un personaggio in una scenetta surreale e quasi irreale) organizza diversi piccoli segmenti metaforici e simbolici.
E' il film come opera da decodificare, rebus da risolvere, disegno da interpretare, una concezione antiquata e passatista che rivendicherebbe ora la propria attualità. Ovviamente senza speranza.
Carax non è certo l'unico autore a battere percorsi non semplici e non lineari, anche in questi anni. Ma se altri riescono lo stesso a dire qualcosa (perfino l'ultimo Gaspar Noè, per non dire di Kim Ki Duk o le follie di Kitano), Holy motors rimesta nel vuoto, vuole spiazzare con un uso abbondante di umorismo ma senza trovare mai la reazione istintiva e gutturale dello spettatore, un affare di cervello e non di risposta istintiva.
Per questo il suo film è più simile alla Settimana enigmistica che al cinema, più simile alla visione dell'arte come la insegnano alle scuole superiori ("Tu, al primo banco. Qual è il messaggio che il poeta vuole lanciare con l'uso di questa figura retorica?") che a quella come la vivono gli appassionati.