[Cannes] The Angels' Share, la recensione

Il film di Cannes di Ken Loach quest'anno è una commedia, ma non riesce ad incidere e rimanere impressa come quelle del passato...

Critico e giornalista cinematografico


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Quando non martoria i suoi personaggi con tutte le peggiori conseguenze che la politica delle classi superiori riversa sulla vita di quelle inferiori, Ken Loach ama prendere i suoi operai, postini, lattai, drogati, depressi, operai o disoccupati cronici in simpatici intrecci tra il fantastico e il favolistico. Nei migliori casi ne escono metafore straordinarie della vita e delle convinzioni del regista (sostanzialmente l'ideale comunista classico), in altre semplicemente buoni film.

The Angels' Share è il secondo caso.

La sceneggiatura del fido Paul Laverty comincia subito a macinare, fin dalle primissime immagini della prima scena, quando uno dei protagonisti (la maschera della deficienza stessa) viene apostrofato da un altoparlante mentre da solo, in una stazione di notte, ciondola fino a cadere sui binari poco prima dell'arrivo del treno. Un momento esilarante, seguito da un collage di accuse e requisitorie fatte in tribunale a favore o contro gli altri personaggi principali. Circa 10 minuti da manuale di Montaggio & Sceneggiatura, che ricodano come quando si tratta di presentare i personaggi gli inglesi non li batte nessuno.

Il resto del film non è però all'altezza dell'inizio: ciondola un po', abusa della propria leggerezza smussando qualsiasi possibile dramma o asperità e trova addirittura un lieto fine micidiale per zuccherosità e annullamento delle tensioni che lo hanno preceduto. In sostanza, nonostante le atmosfere siano vicinissime alla precedente commedia cannense del duo Laverty/Loach (Looking for Eric), questo The Angels' Share non ne possiede la forza eversiva, commovente e simbolica. Anzi, al contrario di quel gioiello di originalità, qui siamo dalle parti del più tipico canovaccio da commedia british in cui solo la forza di volontà dello spettatore consente di rintracciare il filo rosso del titolo, la quota dell'angelo ovvero il popolo che trova dentro se stesso e tra i propri pari i mezzi per elevarsi dalle sue miserie. A danno dei potenti.

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