Cannes 72 - Diego Maradona, la recensione
Tutto vero ma montato con il massimo delle capacità di romanzare, Diego Maradona è un capolavoro di linguaggio cinematografico applicato al documentario
Quest’attacco mostruoso che subito tira una linea tra tutto quello che è mai stato girato su Maradona e Diego Maradona di Asif Kapadia sarà probabilmente parte del Nuovo Manuale Kapadia Del Linguaggio Cinematografico Documentario, testo di studio per chiunque voglia aggiornarsi sullo stato del cinema documentario e come si possano usare le tecniche del racconto di finzione per narrare qualcosa di realmente accaduto tramite immagini di repertorio.
Come già in Amy e Senna infatti Kapadia monta arbitrariamente e mira sempre ad indirizzare la comprensione del pubblico orientando le sue preferenze, proprio come un romanziere. Dopo un anno che (nel montaggio) è fatto di sconfitte, cori d’odio, insulti e cattive giocate arriva il cambio di passo e una vittoria contro la Juventus: “Tra la tifoseria napoletana sono stati accusati 5 svenimenti e 2 attacchi cardiaci” è il commento molto serio di un telegiornale dell’epoca. Maradona è il suo protagonista, Kapadia lo coccola, gli vuole bene e ne fa un eroe tragico.
Tutta questa parzialità porta il film dal genere gangster a quello melodramma: tradimenti, amori non consumati e sofferenze comunicate con sguardi intensi. Diego Armando Maradona a Napoli trova una città di sconfitti, odiati da tutti e con loro vince umiliando chi li schiacciava, in cambio ottiene l’odio del paese intero e un amore che soffoca, da cui la società Napoli non lo lascia scappare incancrenendo tutto fino a sfociare nell’amarezza. La Camorra poi ci metterà la droga.
Lo stesso c’è da applaudire alla capacità incredibile di questo regista di recuperare materiale mai visto (o sentito, nel caso di intercettazioni telefoniche clamorose) su un soggetto tanto raccontato. C’è da applaudire a come monti, alla chiarezza di idee e alla capacità di imbastire un racconto così fluido e armonico. C’è da applaudire a come legga la realtà e sappia darne una visione e alla maniera in cui si prefigge di usare lo sport non come bellezza (l’armonia del gesto, l’esaltazione del gol) ma come mezzo per narrare, pretendendo (e ottenendo) che il pubblico legga il gioco di Maradona: incerto quando serve, spavaldo quando è il caso e astioso quando gli alti e bassi della storia lo richiedono. Puro effetto Kulesov.
Non sarà mai uno spettacolo reale o rispettoso di tutte le parti Diego Maradona ma è uno spettacolo umano tragico e politico fantastico.