Cannes 72 - Bacurau, la recensione
Pronto a diventare un western leonino ma solo negli ultimi dieci minuti, Bacurau conferma lo stato incerto del cinema di Kleber Mendoça Filho
Se Aquarius era una storia docile di una donna anziana che malvagi capitalisti dal volto e dal fare gentile vogliono sfrattare di casa (offrendosi di comprarle l’appartamento anche a caro prezzo ma poi anche con mezzi meno leciti) per i loro fini commerciali, qui c’è una trama più d’azione e violenta in cui un paesino di poche anime nel prossimo futuro entra nel mirino di alcuni cacciatori di uomini americani, gente che paga per sparare e uccidere persone di cui non importa a nessuno.
Entrambi questi film sono raccontini morali dalla posizione molto semplice e facile, che cercano tantissimo un occhio commerciale (qui meno riuscito che in passato almeno fino al massacro finale) e che vogliono suonare edificanti. Potrebbe essere molto facile derubricare il tutto non fosse che i due registi poi centrano più di una suggestione e più di un’immagine, come se imbrigliassero se stessi in schemi e gabbie semplici e manichei, per poi ritagliarsi momenti di puro cinema d’autore ad alti livelli, quelli in cui ciò che dicono le immagini e la storia non coincide per forza e la loro unione stimola suggestioni imprevedibili nella testa dello spettatore. Un amplesso ricordato in Aquarius fa più di tutto il film e qui una bara che tracima acqua rimane impressa.
Ai due registi di Bacurau interessa guardare delle persone stare insieme per combattere, in armonia e in continuità con l’identità nazionale contro omologazioni straniere (sovranismo dalle radici comuniste), e sono anche bravi a confezionare una narrazione davvero fluida e invisibile, in cui gli eventi si srotolano davanti ai nostri occhi echeggiando di quando in quando il cinema più commerciale (ci sono momenti quasi da Tremors con degli avanti e indietro a cavallo e moto che portano brutte notizie) ma qui le cose sono due: o il film è cinema di genere e allora ci mette troppo tempo ad arrivare al dunque, o il film è un crossover tra genere e autore e allora decisamente serve un impianto visivo molto più deciso, personale e coerente perché si qualifichi.