Cannes 71 - Papa Francesco: Un Uomo di Parola, la recensione
Guardato come una star da Wim Wenders, Papa Francesco: Un Uomo di Parola è il miglior documentario su Bergoglio
L’attacco è fulminante: un video amatoriale girato orientativamente negli anni ‘90 in un paesino sudamericano nel quale si vede Jorge Bergoglio, cardinale, fare un discorso su un palchetto improvvisato nella piazza di un quartiere popolare di fronte ad una piccola folla di paesani. L’incalzare delle parole, il tono e la benevolenza nella voce sono le stesse di ora. Con uno stacco Wenders passa direttamente alla notte dell’elezione al soglio, dalla piccola folla alla grandissima folla in piazza S. Pietro, dal video amatoriale di una videocamera anni ‘90 all’altissima definizione, dall’umiltà di un piccolo discorso alla prima volta che parla da papa con il medesimo tono. È uno stacco di montaggio che asciuga la saliva in bocca per il colpo che dà e che come quello più noto di 2001: Odissea Nello Spazio (da osso ad astronave) ha senso per tutto quello che implica, per l’ellissi che opera e il tempo, i cambiamenti e l’evoluzione che suggerisce esserci stata tra i due momenti.
Non c’è fede in questo film, non c’è vera adesione alle parole, ma c’è un’ammirazione incredibile per una figura mediatica, un personaggio che manipola le immagini come un regista, che lavora su di esse per dire tanto quanto dice con il linguaggio. E lo sguardo di Wenders è così ammirato da diventare immediatamente contagioso, grazie alla capacità che ha di stupirsi dell’amore che questo pontefice riesce a stimolare, in modo non diverso dal fanatismo che le più grandi star del cinema hanno generato e continuano a generare.