Cannes 71 - Ash Is The Purest White, la recensione

Nella Cina degli ultimi 20 anni due amanti passano dall'essere giovani ad adulti mentre intorno a loro nulla rimane lo stesso, Ash Is The Purest White è un'epopea generazionale

Critico e giornalista cinematografico


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Tra storia personale e storia del proprio paese, Jia Zhangke compie un’operazione tra Linklater e Truffaut ma tutta a posteriori. Ash Is the Purest White unisce due suoi film precedenti (entrambi come questo con protagonista Zhao Tao, sua moglie), creando una specie di universo condiviso, rimettendo a posto timeline e raccontando per l’appunto 18 anni di storia della Cina tramite quello che è diventato ora un unico personaggio, Qiao, 19enne in Unknown Pleasures, poi 25enne in Still Life e infine qui (nella parte finale) quasi 40enne.

Qiao, la prendiamo qualche anno dopo gli eventi di Unknown Pleasures, da cui c’è qualche immagine all’inizio in una qualità video diversa dal resto, sempre vestita allo stesso modo, innamorata dei costumi occidentali (YMCA è usata come Go West in Al Di Là Delle Montagne) e fissata con i gangster e il codice dell’onore e del rispetto. Ha il carattere che ha, duro e fiero, e una storia con Bin, i due gestiscono bische sempre lì a Datong, si atteggiano molto anche se lui non ha intenzioni serie. Ma il mondo sta per cambiare e l’arrivo di nuove gang porterà a conflitti che li faranno finire in galera, lei per più tempo di lui per avergli salvato la vita, e una volta usciti tutto sarà diverso, saranno separati e la Cina sarà letteralmente un altro posto. E qui sta già il primo colpo del film che nel mostrare i mutamenti dei personaggi vuole in realtà raccontare come 5 anni siano stati per la Cina un’era intera in cui chi era povero è diventato ricco e viceversa, in cui interi posti sono stati spazzati via e altri sono nati da zero, in cui chi fosse stato fuori dai giochi (ad esempio in prigione) poteva non ritrovare più nulla di ciò che conosceva all’uscita.

E qui il film si collega a Still Life. La protagonista di quel film, scopriamo, è sempre Qiao che uscita di prigione e vestita come in quel film, per l’appunto va in cerca di Bin lungo tutta la regione del Fengjie che di lì a poco sarebbe stata sommersa dall’acqua per la costruzione di una diga. Viene truffata e trufferà, dimostrando di essere stata piegata nel fisico ma di avere ancora una combattività che è maturata con lei, durissima e determinata frega tutti e trova Bin tra le gole e le società, tra centrali elettriche e amici (una volta poveri) che lo nascondo, nuove amanti e sotterfugi. Lo trova anche se sa che non si è fatto sentire, non l’ha aspettata, non l’ha cercata e si è rifatto una vita. Lo cerca perché vuole vederlo.
In questo mondo al limite e pronto alla distruzione (quello di Still Life) due relitti si confrontano con esiti imprevisti.

Infine, oggi (lungo tutto il film non sono mai indicati gli anni ma l’uso di diversi modelli di cellulari, da quelli a conchiglia passando per quelli più piccoli e poi i grandi tutti touchscreen capiamo quando siamo), la storia di Qiao e Bin, del cinema di Jia Zhangke e della Cina avrà la sua fine provvisoria, di nuovo in modi imprevedibili e di nuovo con un gusto commovente per il tramonto e la revisione dell’entusiasmo giovanile in impotenza e rassegnazione adulta, raccontata con sorprendenti note di commedia inusuali in Jia Zhangke.

Pensavamo che Vivere, di Zhang Yimou, raccontasse un’epopea cinese di rivoltamenti e tumulti irripetibile attraverso la rivoluzione comunista fino al presente, ma Ash Is The Purest White, senza quegli eventi clamorosi e attraverso meno anni, traccia la storia di una confusione nazionale tramite piccole vite e soprattutto con una partecipazione diretta del regista e delle scene e personaggi dei suoi film senza precedenti. In più con la sua etica della fratellanza, il suo affetto sommesso e il suo mondo assurdo che non ferma una donna dallo spirito indomabile, dallo sguardo duro ma anche dal cuore ferito e dolcissimo, difficilmente il finale può non commuovere.

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