Cannes 70: L'Intrusa, la recensione

La domanda più giusta è posta senza mostrare le conseguenze. L'Intrusa parte bene ma diventa subito pavido e soprattutto manca totalmente di un'idea visiva

Critico e giornalista cinematografico


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C’è la domanda più giusta possibile al centro di L’Intrusa, quella che più di tutte vale la pena farsi nel contesto in cui il film sceglie di ambientare la propria storia.
In un centro in cui i bambini di Napoli sono portati per non farli stare in strada, a contatto con la camorra e con il degrado umano, un porto franco in cui giocare, imparare, stare insieme e apprendere una logica di collaborazione e condivisione, arrivano due intrusi. Sono Maria e sua figlia, una bambina della stessa età di quelli che frequentano il centro, ma figlia di un killer della camorra appena arrestato. Maria e la figlia non hanno dove andare e occupano una baracca nel cortile. Hanno bisogno di aiuto e se messe alla porta finirebbero in mano agli amici del killer, se tenute però (come lamentano le mamme dei bambini) potrebbero portare anche lì logiche, regimi e persone legate alla camorra. Che fare?

Il nodo irrisolto della solidarietà messa alle strette, costretta a prendere decisioni scomode, a decidere se ha senso sacrificare una bambina per la tranquillità degli altri, se rischiare o se imporre un principio etico per il quale tutti sono degni di un aiuto, è perfetto per il film. Peccato che il film manchi.
Cioè una volta presentata la situazione e introdotto lo snodo L’Intrusa non riesce a metterlo a frutto, non riesce a mettere davvero in crisi lo spettatore presentando l’esito della situazione o dell’immobilismo, facendo accadere qualcosa che tiri le fila delle premesse, che scaldi la scena.

Questo secondo film di Di Costanzo, di nuovo ambientato tutto in un luogo unico come L’Intervallo, ha inoltre il difetto realmente imperdonabile di essere visivamente poverissimo. Se L’Intervallo aveva, almeno, un modo tutto suo di ambientare la storia in un palazzo abbandonato, esplorandolo come in un videogioco, finendo addirittura nei sotterranei allagati che sembravano un dungeon, questo film sceglie un approccio brutale (che pare appropriato) ma si dimentica di usare le immagini per parlare con lo spettatore. L’Intrusa è un film che quel che deve dire lo fa a parole e con le immagini al massimo cerca di scatenare qualche sentimento facile.
Davvero troppo poco.

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