Cannes 70: Cuori Puri, la recensione
Agro con il contesto e dolce con i personaggi, capace di trasformare la banalità in grande verità, Cuori Puri e un film pienamente italiano e quasi perfetto
L’esordio di Roberto De Paolis non si distacca molto da quel che si potrebbe prevedere, anche nello stile di messa in scena si adegua alla camera a mano, alle camminate seguite da dietro, agli attori professionisti mescolati a non professionisti e ad una generale contemplazione della quotidianità prima di inserirci dentro l’intreccio di finzione. Eppure Cuori Puri, a partire dal titolo, è su un altro livello rispetto ai molti film simili che conosciamo, non ha la mestizia ripetitiva e priva di idee dei tipici esordi italiani ma anzi ha il respiro e l'arroganza di chi si impone all'attenzione degli altri con capacità che sono tutte sue.
La ricetta è semplice e tradizionale: mescolare il duro del contesto, della vita, della lingua parlata e degli atteggiamenti ostentati, con il molle dell’intimità dei personaggi, l’agro della situazione e dello stile di ripresa con il dolce dei sentimenti fino a lasciare che i due estremi si arricchiscano e radicalizzino a vicenda.
Nei casi peggiori questo melange produce o un eccesso di zuccheri che coccolano i personaggi, pretendono una lacrima e santificano il loro statuto, oppure si finisce nel territorio della freddezza; nei casi migliori esce un film così capace di far sbocciare un fiore nel cemento con grazia e abbondanza di immagini a favore delle parole, che sembra anche in grado di cambiare la maniera con cui (nel mondo reale) guardiamo quegli stessi personaggi o quei paesaggi. Questo è Cuori Puri. Credevamo che Fiore, di Claudio Giovannesi, fosse un caso isolato, invece De Paolis dimostra il contrario. Le loro sono storie che ci appartengono e così lo stile con cui vengono narrate, quello che gli dà valore e le fa passare da fattarelli a grandi avventure umane.
Addirittura verso la fine un’alba problematica fatta di sangue, nudità, peregrinazioni inutili e una menzogna, tira le fila di tutto, mettendo la ciliegina sulla torta del film, con una sequenza fondata sulla capacità visiva di sintetizzare eventi, tensioni, desideri e paure senza temere di dare anche un po’ fastidio allo spettatore, di trascinarlo nella parte meno desiderabile dei suoi sentimenti.