Cannes 68 - Youth - La Giovinezza, la recensione

Continuando a girare intorno ai temi di La Grande Bellezza Sorrentino approda a La Giovinezza ma del film precedente ci sono le ambizioni e non la sostanza

Critico e giornalista cinematografico


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In un grande e lussuoso hotel sulle Alpi due persone anziane, un regista dalla grande carriera e un compositore di musica classica, risiedono a tempo indeterminato tra terme, passeggiate, bagni e pasti. Tutto è asettico, bianco, pulito ed etereo. Da quella residenza passano diversi personaggi illustri. C'è Miss Universo che è meno scema di quanto tutti pensino, c'è un grande attore famoso per film di robot, e c'è Diego Armando Maradona (interpretato da un attore) che ci tiene a precisare di essere anche lui un mancino. Inoltre a trovare i residenti arrivano occasionalmente i loro parenti e ogni sera si assiste ad uno spettacolino kitsch.La giovinezza sembra una versione incancrenita di La Grande Bellezza

Fred e Mick hanno atteggiamenti diversi rispetto alle proprie arti: mentre il regista prepara un nuovo grande film, il compositore si è totalmente ritirato e non ne vuole più sapere di tornare a dirigere le sue opere, nemmeno se è la regina d'Inghilterra a convocarlo.

La giovinezza sembra una versione incancrenita di La Grande Bellezza. Con quel film condivide l'ossessiva ricerca della poetica, del bello e del senso dell'arte attraverso le tipiche figure titaniche dei film di Sorrentino (potenti, stimate, importanti e gigantesche), tuttavia non ne possiede anche la capacità di creare a partire da tutte queste aspirazioni un lungo flusso coerente, di portarle da qualche parte. Fred, il compositore interpretato da Michael Caine, sembra privato della voglia di essere ancora parte della produzione artistica e quindi incapace di vivere davvero, giunto quindi a fine esistenza. Mick, il regista interpretato da Harvey Keitel, è invece il contrario, pieno di voglia di fare. Lungo il film i due sembrano scambiarsi i ruoli.

L'Hotel appare come un paradiso degli artisti, un luogo in cui si va a stare come dopo la morte (artistica), in cui passa Maradona per l'appunto (l'artista che non può più essere tale) ma anche un'opera d'arte vivente come Miss Universo o un attore che si dà al cinema più commerciale, in cui c'è un distacco quasi fatale da tutte le passioni perchè manca l'arte e nel quale si compiange il tempo andato, impossibilitati a fare progetti per quello da venire. Bello e letale il ritiro sulle Alpi è una gabbia dorata che ottunde ogni passione.

Se Roma in La Grande Bellezza era presentata come il paesaggio interiore di Jep Gambardella, la personificazione della ricerca del bello, qui le Alpi sono il luogo interiore degli artisti che per un motivo o per l'altro hanno chiuso con l'arte, un ritiro kitsch in cui tutto è solo fintamente poetico ma in realtà distante.

Il risultato del film è semplice: ritrovando la voglia di vivere (c'è un motivo se il compositore si è esiliato) ritornerà la possibilità d'essere artista. Dietro tutto ciò però non c'è nessuna santa, nessuna scalinata impervia e nessun ricordo di una giovinezza a Capri dove tutto pareva bello, non c'è cioè niente di quello che nel film precedente di Paolo Sorrentino alimentava l'ambizione poetica di carbone narrativo e combustibile umano. La Giovinezza è un film disumano perchè lontanissimo dalle passioni e dalle sensazioni umane, tecnicamente mostruoso e formalmente splendido, risulta riempito unicamente di inspiegabile pomposità e sconfortante retorica, tutto grandi pennellate e privo di quelle minuzie espressive o di quei dettagli effettivamente sorprendenti (inaspettati e coinvolgenti) in grado di bilanciare e dare sostanza alle più eteree ricerche.

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