Cannes 68 - Valley of Love, la recensione
La nostra recensione di Valley of Love, con Gérard Depardieu e Isabelle Huppert presentato in concorso al Festival di Cannes
Lo spunto fantastico (il ritorno dall’oltretomba) si trasforma in un espediente per la rielaborazione del lutto di due genitori nel nuovo film di Guillaume Nicloux (Una questione privata, L’Eletto). L’intera pellicola si poggia sulla bravura dei due protagonisti, la sempre inappuntabile Isabelle Huppert e il ritrovato Gérard Depardieu. Sono i loro dialoghi, gli sguardi reciproci, la capacità di evocare attraverso gesti, movimenti ed espressioni a evocare un passato familiare di cui non ci viene mostrato niente e che eppure, gradualmente, ci sembra di sapere tutto. E dire che la sceneggiatura dello stesso Nicloux cerca di fornire il minimo indispensabile quanto a informazioni. Si scherza (con una trovata molto divertente) sui lavori dei due personaggi, ma la verità non ci viene mai fornita così come non ci vengono fornite le ragioni della separazione. Si giova in levare, non si sa, e in definitiva, non si vede, ciò che accade davvero, ci si deve affidare solo a ciò che ci dicono protagonisti, un atto di fede che, per fortuna, le interpretazioni sostengono. Non potrebbe essere altrimenti, almeno per Depardieu che ci mette tutto, compresa l’ormai emorme pancia per fare ridere e commuovere allo stesso tempo. Non deve essere stato facile per lui, che ha perso il figlio nel 2008 il figlio trentasettenne Guillaume, affrontare un ruolo così vicino a emozioni che ha provato in prima persona.