Cannes 68 - Trois Souvenirs de ma Jeunesse, la recensione
Ricalcato su modelli amatissimi ma fuori dal tempo Trois souvenirs de ma jeunesse stimola l'ammirazione del calco più che l'immedesimazione
Partendo come Terence Davies, proseguendo come il cinema americano e chiudendo in stile nouvelle vague hard core, Desplechin tenta di navigare lontano dalle acque che gli sono più dolci, non cerca a tutti i costi di mettere in tavola i suoi piatti forti, i grandi affreschi corali e le storie contemporanee ma cerca di reinterpretare i classici del cinema nella grande epopea personale di un ragazzo come tanti.
Non è stile ma esplicita imitazione dello stile di altri.
Esther, il grande personaggio femminile che domina l'esistenza del protagonista, è solo parzialmente azzeccato e all'occhio moderno troppi clichè anni '60 donano la sensazione dello spoof, della presa in giro, eccessivamente precisi e disegnati per sembrare autentici. Quel che accade è che inevitabilmente con il correre del tempo lo spettatore si allontana invece che avvicinarsi ai protagonisti, riconosce la struttura invece di essere rapito dal racconto.